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Unastoria

 Grazie.
Iniziare così una recensione non è la cosa migliore. Ma sticazzi. Sì, perché Gipi è tornato e questo è già motivo, per un lettore di fumetti, di contentezza. Ma non è semplicemente tornato. Ha tirato fuori probabilmente il suo lavoro migliore: unastoria.

“C’è stato un momento in cui le cose hanno cominciato a andare in pezzi. In mille pezzi. Duemila. Tremila pezzi.”

Due storie, una storia. Quella di uno scrittore la cui vita va in frantumi e quella di un uomo durante la prima guerra mondiale: Silvano Landi e Mauro Landi. Un flusso di coscienza continuo, tra apparenti deliri e lettere dal fronte, piani temporali intrecciati, visioni oniriche, schegge di guerra, il tutto rappresentato con diverse tecniche di disegno e, soprattutto, di colorazione: dai paesaggi acquerellati del presente, alle tinte verdi del passato, fino a un asettico bianco e nero, schizzato velocemente con un pennarello, per le parti riguardanti l’ospedale psichiatrico. Da rimanere impressionati. D’altronde è un fumetto non un semplice romanzo.

“Se il diciottenne si svegliasse. Di colpo. Una notte. Si alzasse. Ed allo specchio si vedesse, con le paure, con le miserie dei suoi futuri cinquant’anni, morirebbe.
La domanda si ripete. Continua, ossessiva. Silvano ricostruisce la vita del bisnonno leggendo le sue lettere. Quelle che spediva alla moglie dal fronte, promettendo di tornare. Lo stesso Silvano che ha visto la sua vita familiare scivolargli via fino ad accorgersi che non c’era più. Di essa restano solo il rancore e il risentimento della figlia ormai adulta.
Un parallelismo che viaggia pagina dopo pagina, tutto nella testa dell’autore.
Ci si domanda quanto ci sia di autobiografico in tutto quello che scorre. Le sfumature lo fanno pensare. Ci si chiede se Silvano e Mauro non siano Gianni Gipi. Ma la risposta è scontata.
D’altronde il protagonista è un uomo, uno scrittore, che si chiude in se stesso, allontana i suoi affetti, si immerge in un progetto che interessa a nessuno, fino a perdere il piano stesso della realtà.
Mi sono mancate le ossessioni di Gipi, uno dei pochi che riescono a dare delle tinte emotive così forti da non ridurle a semplici paranoie. Scuote questo romanzo, scuote e turba. Forse perché mi specchio anche io e mi ritrovo con le miserie dei miei oltre quarant’anni. E non le confronto, no. Mi faccio trasportare da Gipi nelle sfumature del suo racconto, nelle pieghe dei suoi deliri, fino a sentirmi quasi sollevato nel vedere che non sono l’unico a smarrirsi. Si è soli soltanto nell’esserlo.
“Hai dimenticato quanto può essere crudele la pelle degli alberi?”
Gipi ci è mancato. Gipi è anche tornato. Se per restare nel fumetto o no, non sta a me saperlo o dirlo, ma a noi che amiamo questo genere manca.
È uno dei pochi capaci di emozionarti e lo fa con la semplicità di una storia.
E la semplicità è difficile, profonda, sfaccettata:
“Dammi risposte complesse. Please.”

Posted in fumetti.

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One Response

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  1. est says

    Bella recensione. Ho evitato di leggerla prima di avere il fumetto per non rovinarmelo, poi una volta letto ero proprio curiosa di come fossi riuscito a riassumerlo facendo nello stesso tempo capire quanta bellezza è racchiusa tra quelle pagine. Bhe complimenti 😉