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Sangue misto

Ho finito Sangue Misto di Roger Smith questa notte dopo essermi seguito la diretta da Londra, facendo zapping tra la BBC, AJ e altri canali e siti di info. Londra bruciava e la Città del Capo del mio romanzo, bruciava con lei.

Jack Burn era fuggito dagli USA dopo essersi ficcato in un guaio enorme. Ricercato dalla polizia, è fuggito con il figlio piccolo e la moglie in attesa di una bambina. Un bel bottino distribuito in conti all’estero e la voglia di sparire. La città sudafricana sembrava il giusto posto dove far perdere le proprie tracce. Ma spesso i guai ti seguono. Non so manco se sia karma o no. Ma il Sudafrica è un paese che bolle ancora, Nelson Mandela ha solo gettato i semi, il resto deve ancora venire.
E Burn lo scoprirà quando 2 balordi proveranno a rapinare la sua famiglia dentro casa. Una volta uccisi si tirerà dietro le calcagna un grassissimo poliziotto corrotto, mentre un ex membro di una gang, Benny Mezzosangue, si schiererà al fianco dell’ex marine.

I 3 sono gli assoluti protagonisti di questo hard-boiled, mentre le colline di Città del Capo bruciano per gli incendi, tra i quartieri borghesi e i Flats, i quartieri ghetto dove vennero rinchiusi i neri ai tempi dell’apartheid. Razzismo e intolleranza viaggiano di pari passo. Neri e bianchi, in una difficile convivenza, segnata dal passato. L’apartheid è stato sostituito dalla segregazione economica. A Città del Capo la vita vale poco, molto poco, soprattutto se hai la pelle nera.

Ritmo, violenza, tensione, pathos, c’è tutto in questo romanzo. Redenzione, vendetta e fuga, per i tre uomini che si muoveranno e daranno vita ad una spirale di violenza, a tratti grottesca. Molto tarantiniano per i ritmi, meno per i dialoghi. Non c’è spazio per l’ironia, solo per la rabbia cieca, per un dipinto del Sudafrica che smonta i luoghi comuni o le immagini del mondiale di calcio.
Non ci sono le vuvuzela a far da colonna sonora, al massimo il rumore degli accendini che bruciano il tik, una droga simile al crack, quella dei diseredati neri degli slums.

Onestamente il romanzo tiene per tutte e le 300 pagine. Lo stile, appunto, è quello dell’hard-boiled, ma sarà che cambia il tessuto sociale dove si muovono i protagonisti o la scrittura asciutta usata dall’autore (si vede che scrive per la tv) che fanno funzionare il tutto. E funziona talmente tanto che Samuel L Jackson ne ha camprato i diritti per farne un film. Speriamo bene.

Posted in noir - gialli.

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One Response

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  1. zimo says

    Recensione perfetta, per me è stato un librONE.
    Ne cerco altri del genere che siano all’altezza di questo…
    consigli?!