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Con un Piede Impigliato nella Storia

Premessa: non sono un fan di Toni Negri.
Dopo aver chiesto alle mie care amiche Tube sul come fosse Con un Piede Impigliato nella Storia, qualche giorno dopo dalle stesse mi è stato gentilmente regalato; potevo soddisfare dunque la mia curiosità nei confronti di un’autrice, Anna Negri, a me sconosciuta e figlia di un personaggio piuttosto controverso della sinistra extraparlamentare italiana.
Temevo che anche la figlia fosse stata contagiata dalla logorrea paterna ma soprattutto non sapevo che libro avessi di fronte. “Le colpe dei padri ricadranno sui propri figli” sembra quasi il tema portante di questo diario sulla gioventù di Anna visto che va a raccontare quasi un decennio della sua vita. E’ un libro a suo modo politico perchè racconta gli anni 70 dal punto di vista di una bambina/adolescente; è un romanzo di formazione visto che parla di una generazione troppo piccola per il 77; è un racconto frammentato di una famiglia “politica”; è un romanzo che ha al centro di tutto il carcere e il famigerato “Teorema Calogero“.

Il processo 7 aprile fu il più grande laboratorio nel quale furono sperimentate e collaudate le tecniche giudiziarie e repressive che spazzò via una intera generazione militante: il pentitismo, i maxi processi, i reati associativi, la logica del sospetto, l’uso della giustizia e della magistratura come arma politica e il carcere, tanto carcere preventivo, carceri speciali, leggi speciali.

C’era qualcosa di molto violento nel diventare pentiti: con la stessa mancanza di scrupoli con cui avevano ammazzato, ora per salvarsi mandavano in galera gente che non c’entrava affatto. Per poi, anni dopo, farsi sposare nel Duomo di Milano dal Cardinale Martini.

Sì perchè tra gli amori, i problemi di “peso”, le avventure, le gioie, le paure di una figlia che nascondeva quale Negri fosse, c’è il ritratto di un’altra generazione, più o meno invisibile: i figli, i familiari, gli amici, gli affetti, che altrettanto violentemente furono colpite e traumatizzate. Ed è forse il lato più interessante di questo romanzo autobiografico, il forte e vivo rapporto che aveva con la madre negli anni pre-carcere di Toni, si va a perdere e infrangere con i frequenti viaggi che la Paola effettua per andare a Roma in visita o le ore perse con dedizione e amore per cercare una via d’uscita per il marito e gli altri e altre imputate.

Per il resto il libro nella sua struttura se all’inizio scivola leggero diventa un po’ noioso e ripetitivo. Una scrittura che va a perdersi in periodi brevi, racconti di vita vissuta, troppo slegati a se come se fossero le pagine di un diario personale. In alcuni momenti ho avuto la sensazione di leggere delle cose che avevo già letto pagine prima. Altra avvertenza è NON è un libro politico. Non vi aspettate chissà quali analisi sugli anni 70/80 perché non ne avrete, escluso quello di una donna, piuttosto giovane all’epoca, con un piede impigliato nella storia.

Quando mio padre era in galera avevamo un senso fortissimo della famiglia, che ci era quasi imposto dall’esterno, ed eravamo stretti attorno a lui anche se fisicamente non c’era. Ora lui si era separato da noi e lo aveva fatto come la galera non era riuscita a fare. Ci aveva detto mentalmente “Si salvi chi può, io lo faccio in questo modo, voi trovate il vostro”. Solo che noi eravamo schiacciati dalla sua immagine, indifesi davanti a un mondo che ci giudicava a priori proprio a causa sua.

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