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La Solitudine del Maratoneta

Smith è un “hungry young men”. Finito dentro per un furto, viene reclutato per partecipare alla maratona nazionale dei riformatori; il ragazzo è figlio della prima generazione “working class”, di quel proletariato urbano e operaio del dopo guerra, prima dei Teddy Boys, dei Mods o di tutti quei fenomeni sottoculturali che hanno caratterizzato i giovani inglesi.

Questo è La Solitudine del Maratoneta di Alan Sillitoe, ristampato da minimum fax a 50 anni dalla sua prima pubblicazione e ormai da tempo pressochè introvabile.

“Appena finii al riformatorio mi misero a correre la maratona. Immagino pensassero che avevo proprio il fisico adatto perché ero lungo e magro per la mia età (e lo sono ancora) e in ogni caso non mi dispiaceva troppo, a dirvi la verità, perché nella nostra famiglia si era sempre corso molto, soprattutto per sfuggire alla polizia”.

Smith è un bordeline, un ladruncolo, che ci racconta durante la corsa, come è finito dentro, ci descrive la sua famiglia e la sua formazione. Non c’e’ redenzione nelle sue parole e neanche commiserazione. E’ un “hungy young men” e non se ne fa un problema, di sicuro non vuole fare la fame. Non è un ragazzo cattivo e tantomeno buono, e infondo è anche felice quando corre nella umida brughiera del nord dell’Inghilterra tant’è che mentre corre si sente il primo uomo sulla terra.

Lungo 60 pagine, questo racconto (il libro ne contiene altri più brevi) divertente e appassionante, è anche un riflesso della società inglese dei primi anni ’50 dove afferma Stillton per bocca del suo alter-ego Smith i cavalli equestri sono trattati meglio di certi esseri umani. Non c’è ribellione, neanche un tentativo di fuga, nel ragazzo c’è solo la voglia di imparare a correre ancora più veloce e di sfidare il prossimo agente di polizia che proverà a prenderlo. Il desiderio di una vendetta da servire fredda.

A fine corsa quando l’arrivo ormai è vicino e Smith è saldamente in testa, bisognerà solo decidere se vincere questa gara, far fare bella figura al direttore del riformatorio e passare gli ultimi 6 mesi rimasti nel miglior modo possibile oppure lasciarsi superare e affrontare la vendetta dei suoi carcerieri per i mesi rimanenti da scontare.

Questo lo lascio scoprire a voi, infondo è una lettura veloce e piacevole, che non saprà soltanto riempirvi una serata ma anche regalarvi spunti e riflessioni interessanti. Fatevi questa corsa con Alan e fatevi trascinare nella brughiera.

Posted in narrativa.

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