Alla fine me lo hanno dovuto regalare per farmelo leggere. E hanno fatto bene altrimenti sarebbe stato uno dei tanti “eh si vorrei, me ne hanno parlato bene, appena ho tempo, etc etc”. Mentre “La città dei ladri” di David Benioff andava letto e subito perché è uno di quei romanzi che ti fanno venire voglia di leggere.
Leningrado 1941, la città stretta dall’assedio nazista, è stremata. Kolja e Lev si incontrano in carcere. Il primo è accusato di diserzione, il secondo del furto di un coltello dal cadavere di un nazista. Quando pensano che sarebbero stati giustiziati, un colonnello gli offre una chance a cui non possono dire di no. Hanno una settimana di tempo per trovare 12 uova, necessarie per fare il dolce per il matrimonio della figlia dell’ufficiale. L’incipit del romanzo è semplice tanto quanto surreale. Dove trovare 12 uova in una città dove la gente muore di fame, in piena inverno, dove sono frequenti anche gli atti di cannibalismo?
“Eppure per quanto l’idea mi ripugnasse, sapevo fin dall’inizio che l’avrei seguito. Aveva ragione, a Leningrado di uova non ce n’erano. Ma quella non era la sola ragione per seguirlo. Kolja era un pallone gonfiato, un saputello, un cosacco bastonatore di ebrei, ma la sua insolenza era così sincera da non risultare tanto arrogante, quanto il carattere distintivo di un uomo che aveva un grande avvenire eroico. Certo non me le ero immaginate così le mie avventure – avrei preferito essere il protagonista, non la spalla dall’aria buffa – ma la realtà aveva ignorato i miei desideri sin dal principio, dotandomi del physique du role di un bibliotecario e iniettandomi così tanta paura nelle vene che, al dunque, ero solo riuscito ad accucciarmi sulle scale. […] Eppure, se in me non c’era niente di grande, forse mi restava il talento di riconoscerlo negli altri, perfino nei personaggi più irritanti.”
Le oltre 250 pagine di questo romanzo scorrono veloci, tra divertimento, avventura e uno scenario storico raccapricciante. La chiave umoristica scelta da Bienoff funziona molto bene e non è difficile per il lettore empatizzare con i protagonisti, tanto da sentire gli stessi morsi della fame o la voglia di fare sesso. Sarà una corsa contro il tempo che li vedrà al centro di diverse situazioni grottesche, pericolose e divertenti. Avvincente sempre, forse non originalissimo in alcuni passaggi chiave del romanzo, riesce comunque a descrivere la crudeltà della guerra e dei nazisti. A tratti malinconico, riesce a mantenere la tensione con abilità, dimostrando che Bienoff ci sa fare. Non un capolavoro, ovvio, ma un buon romanzo che ha il merito di farsi leggere con piacere, cosa non da poco.
“Il suono più desolato del mondo è quello degli altri che fanno l’amore”
Grazie per la recensione che me lo ha fatto scoprire; a me questo romanzo è piaciuto molto.