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Come le strisce che lasciano gli aerei

E’ periodo di fumetti. Troppi arretrati, accumulati in queste ultime settimana anche grazie al fatto che sta uscendo un po’ di roba nuova. Uno di questi è “Come le strisce che lasciano gli aerei” della coppia Vasco Brondi/Andrea Bruno.

Vasco Brondi è conosciuto come Le Luci della Centrale Elettrica e sa scrivere belle canzoni. Andrea Bruno è un disegnatore già abbastanza conosciuto, “poco più grande” di Vasco. E la curiosità per una coppia così assortita, ovviamente, era grande.

“Dell’antico splendore della città sono rimasti solo i gatti tra le macerie”.

Micol, Rashid, Rico, sono i 3 protagonisti di questa breve storia. Sullo sfondo la periferia di una città qualunque, con la sua alienazione, i fumi delle ciminiere, i phone center che sorgono nei quartieri multietnici, in un continuo e circolare arrangiarsi che li coinvolge senza farli incontrare. Vite precarie, vite di chi parte per sfuggire alle miseria, vite di chi perde per sfuggire ad una miseria diversa. Vita di migranti, tra controlli polizieschi e radio e Tv accese che raccontano di sbarchi a Lampedusa.

“Per me innanzitutto una storia di luoghi, luoghi che forse appartengono soprattutto alla memoria personale di Vasco, ma che in qualche modo mi sono risultati immediatamente evidenti, direi addirittura visibili. Il fumetto è racconto per immagini, e la qualità visiva della storia di Vasco ha fatto sì che il mio lavoro di trasposizione in disegni procedesse da subito con una certa naturalezza e senza troppi incidenti.

Le scie degli aerei disegnano traiettorie. Micol e Rachid si sfiorano. Una parte e l’altro arriva, in perenne movimento, come se nulla potesse trattenerli. Qui si vede il tocco di Vasco Brondi, a cui evidentemente piacciono sia gli aerei che le periferie cittadine, visto che spesso ritroviamo queste immagini nei testi delle sue canzoni.  Ma non potrebbe funzionare senza le immagini, i disegni di Andrea Bruno che offrono una lettura frastagliata, non semplice, ma d’impatto. Bianco rosso e nero. Zero sfumature. Del resto non è tempo di sfumature. La realtà è netta e tagliente come non mai.
Se partire è un po’ morire allora lo è anche restare in un posto che non è il proprio posto.

“È soprattutto una storia sulle partenze, sull’ansia di andarsene che è la stessa in posti così lontani e in persone con percorsi così diversi. Come dire che a volte non c’è una destinazione chiara ma ci sono insofferenze e sogni precisi.” (Vasco Brondi)

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