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L’isola dei cacciatori di uccelli

Isola di Lewis, Ebridi Esterne, Scozia.
Sferzata dai venti freddi dell’Oceano Atlantico, inospitale, dura: è questa l’ambientazione che Peter May ha disegnato per il primo suo libro tradotto in italiano (uscito per Einaudi), e la storia stessa descritta nel libro è sulle corde dell’isola, sia nei toni – gonfi e lividi come le nuvole di quelle latitudini – che in alcuni spunti trattati.
L’ispettore Fin Macleod ha appena perso il figlio di otto anni e il suo matrimonio è sull’orlo del collasso.
Un uomo viene trovato appeso e sbudellato nel villaggio di Crobost, sull’isola di Lewis e l’ispettore viene spedito a investigare nel suo villaggio natale, isolato in mezzo all’Atlantico e alle torbiere: sono 18 anni che non ritorna sull’isola e appena mette piede “a casa” si scatenano una serie di ricordi, dolorosi come una coltellata.

La morte dei genitori, l’amico Artair e il suo grande amore Marsaili, la caccia alle sule (uccelli marini, “guga” in gaelico, lingua principale dell’isola) fra tradizione e crudeltà, l’isolamento, la durezza di posti e persone riaffiorano a ondate, impetuose come l’oceano in piena, mentre il poliziotto svolge il compito al quale è stato assegnato, fino ad arrivare a una conclusione spettacolare e quasi cinematografica.
I cacciatori di uccelli del titolo italiano sono l’élite dell’isola, uomini scelti che – per tradizione – passano due settimane in autunno su uno scoglio disabitato e sferzato dal vento per cacciare le giovani guga, dormendo all’addiaccio e facendo una vera e propria strage di volatili.
Ecco, nel libro non c’è speranza, non c’è un minimo appiglio a un esistente sereno, solo i toni cupi del cielo carico di pioggia e lo stridente silenzio dell’isola.
Al di là della vicenda poliziesca – che funge da canovaccio – il libro è anche romanzo di formazione e di amore: formazione perchè i vari flashback (raccontati in prima persona da Fin, a differenza della narrazione dell’azione investigativa che è in terza persona) ricompongono il quadro di un’educazione e crescita dell’ispettore sull’isola, circondato da un paesaggio splendido ma tetro e dalle asperità della vita isolana, dove si ripercorre la crescita del bambino Fin fino al passaggio all’età adulta e alla perdita totale e devastante dell’innocenza; d’amore perchè il libro è anche – fra le righe – un romanzo d’amore fra i più teneri e tormentati che ho letto.
La storia – eterna – di amore fra Fin e Marsaili è un racconto nel racconto, disilluso e ferito come i nostri giorni: è un’isola di rimpianti, di malinconia, di ricordi dolorosi, di baci rubati in un fienile. E’ il tempo il vero protagonista del romanzo, scandisce le fasi della vita delle persone, si nasconde e cauterizza le cicatrici e inesorabilmente scorre: “tutti quei sogni infantili persi per sempre come le lacrime nella pioggia” sono i ricordi, i non detti, le speranze, gli amori perduti di una vita, fra passioni viscerali che emergono come fossero la voce stessa, unica, del romanzo.

Posted in noir - gialli.

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