Quando pensi che un autore prolifico come Lansdale abbia già dato molto se non tutto, eccolo qui che ti tira fuori probabilmente uno dei suoi migliori romanzi in assoluto: Acqua Buia.
Vero, io sono un fan di questo autore. Vero pure però che il buon caro vecchio Lansdale è un autore talmente bravo che ha dimostrato ampiamente di superare il genere. Con Acqua Buia, non ha semplicemente scritto un romanzo sul sogno americano (come lui stesso afferma), con inequivocabili accenni al Tom Sawyer di Mark Twain, ma ha mixato il tutto da renderlo sia di formazione che, e soprattutto, un romanzo sulle donne, le donne che si ribellano e si emancipano; nonostante la storia sia ambientata negli anni 30, quelli della grande depressione americana.
Le parole migliori finora lette su questo romanzo sono di Loredana Lipperini nel suo blog:
“Pensa al suo Acqua buia, che parla di donne che hanno passato anni a stordirsi di laudano per dimenticare un marito che le umiliava e le picchiava e che un giorno si sono alzate dal letto e sono fuggite insieme a tre adolescenti, la fortissima figlia, una nera furiosa col mondo, e un omosessuale, tre implausibili persone nel Texas della Grande Depressione. E insieme, invece, hanno attraversato un fiume e sconfitto streghe e mostri, e quei sogni li hanno inseguiti per poi scoprire che era la fuga a valer la pena, più ancora dei sogni.”
Ed è proprio questo che sorprende di questo romanzo di Lansdale, quello di mettere insieme un gruppo di fuggiaschi braccato da una serie di “mostruosi cattivi” frutto della sua enorme creatività e del suo ormai inconfondibile stile: violenza, umorismo, dialoghi sempre intelligenti e mai scontati, mentre sullo sfondo sfila il suo Texas orientale, terra ostica, tanto quanto il fiume percorso dai protagonisti in fuga.
“Mio padre aveva 42 anni più di me, mio fratello 17, mia nonna addirittura aveva visto il Selvaggio West e la Grande depressione è il momento di passaggio tra la vecchia epoca dei pioneri e l’età moderna: i miei sono tutte persone a cui piace raccontare storie, così io sono cresciuto immerso in quell’atmosfera. In più quando ero piccolo, la mia famiglia era molto povera e dunque è facile per me parlare con la voce di chi vive durante una crisi, so cosa si prova. Inoltre invecchiando si tende a vivere nel passato, a guardare alle proprie origini, così scrivo molti dei miei libri parlando di quel tempo. Le epoche così dense sono sempre rappresentative, universali”.
Un Lansdale non politico ma che, come sempre, riesce a descrivere situazione e storie che fanno sentire il lettore partecipe e in qualche modo protagonista. Pagine che scorrono veloci, seguendo la fuga, lenta come il Sabine River, ricca di insidie, inseguendo quel sogno americano a cui neanche Lansdale rinuncia in nessun modo:
“È vero, la gente deve affrontare molte difficoltà, la strada non è in discesa per nessuno. Forse è venuta un po’ meno la luce brillante della promessa, ma l’essenza del Sogno americano è viva ed è ancora la nostra arma migliore: dobbiamo sempre ricordarci che tutti abbiamo o avremo la nostra opportunità. Ed è quello che mi piace raccontare nei miei libri”.
Grazie Joe per averci sorpreso ancora, soprattutto quelli come me, che del sogno americano, sinceramente oltre a fregare poco, continuano a dubitare che esista.