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Middlesex

Come si fa a recensire un romanzo che hanno praticamente letto tutti? Sono uno degli ultimi a essermi letto Middlesex splendido libro di Jeffrey Eugenides. Regalatomi un paio d’anni fa, mentre ero convalescente in ospedale dalla premiata coppia Sciù/Brina, avrei dovuto leggerlo proprio quell’estate, ma così non fu, perciò è giaciuto nella mia libreria per tutto questo tempo. Quella fu una pessima estate, dove in frantumi non andò soltanto un osso o il mio scooter.

Letta in tre giorni, la storia di Calliope/Cal, ermafrodito ormai 40enne, è una grande storia personale e familiare, attraverso la storia del conflitto greco/turco e la storia americana. Il o la protagonista, cresciuta fino ai 14 anni come una femmina, si scopre improvvisamente maschio. E’ il cambiamento o la duplicità, il tema portante di un racconto frutto della geniale fantasia dell’autore che per lunghi tratti sembra davvero una storia vera.

“Qualcuno eredita case, altri dipinti o archetti di violino assicurati per cifre pazzesche. Altri ancora un tansu giapponese o un nome famoso. Io ho ricevuto un gene recessivo nel quinto cromosoma, gioiello di famiglia davvero raro”.

Infatti Cal, per raccontare la sua storia, parte da quella dei nonni, in fuga verso l’America, fratelli che si sposano all’insaputa di tutti, per poi passare ai propri genitori, cugini che convolano a nozze. Tutta questa consaguineità è probabilmente la causa dell’anomalia di Calliope/Cal. Passato e futuro che si legano, dalla nonna fino al nipote, perché come ci tiene a sottlineare Eugenides “la vita ci proietta nel passato e non nel futuro”. Il tutto attraversando la storia americana, dalla grande depressione, passando per le rivolte nere, fino alla metà degli anni 70.

“Il governatore non lo diceva, non lo dicevano i giornali; i libri di storia non lo dicono ancora, ma io, che ho guardato tutto dalla mia bicicletta, l’ho visto chiaramente: a Detroit, nel luglio del 67, c’era in corso una guerriglia. La Seconda Rivoluzione Americana”.

L’identità di genere, i rapporti e le differenze, sono l’altro tema del romanzo. E non poteva non esserlo. La trasformazione compiuta da Calliope/Cal è immensa e straordinaria. Crescere donna per poi trasformarsi e accettare di essere un uomo durante l’adolescenza. Non senza fatica o dolore. Perché “se il sesso è biologico, il genere è culturale” ci tiene a precisare uno degli “illuminati” consultati dai genitori di Calliope/Cal.

“La normalità che non è normale. Non poteva esserlo. Se la normalità fosse stata normale, l’avrebbero lasciata tutti in pace. Si potevano mettere tutti quanti comodi e lasciare che la normalità esprimesse se stessa. Invece le persone – soprattutto i dottori – dubitavano della normalità. Non eranon sicuri che la normalità fosse all’altezza della situazione e perciò erano poco inclini a incoraggiarla”

E’ un romanzo in cui ovviamente c’è molto molto altro. Il tutto scritto con uno stile brillante, drammatico e divertente, parti di un mosaico che si fonde pagina dopo pagina. Ed Eugenides sa davvero scrivere bene, da tenere il lettore legato al suo racconto, renderlo credibile e appassionante per le quasi 600 pagine che lo compongono. Perché, come i polsini che portava Milton, il padre di Callie, tragedia e commedia, come nell’antica Grecia, vanno a braccetto. Sono entrambe parti della vita di ciascuno di noi.

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