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Malastagione

Premessa: è vero, sono pigro, qui sopra scrivo poco. Ma a mia parziale discolpa posso dire che sono impegnato a scrivere anche in altri contesti, e infatti questa recensione verrà pubblicata anche su una rivista/fanzine di futura pubblicazione: MY SHIT, che potrete trovare in quel lembo di terra delimitato dai fiumi Adda e Oglio e dalle Prealpi… Maggiori info più avanti.

Ci tengo a fare notare che il mio Socio ha usato l’arma del ricatto per farmi pubblicare questa recensione (pronta da giorni, comunque), dandomi del “democristiano”… “aò, te pubblichi ‘na recenzione ogni tre mesi, per farme sta tranquillo e farme contento, poi te la meno e ne metti n’artra… sei proprio un democristiano paraculo”…

Ritornano in libreria, dopo la fortunata “serie” con il maresciallo Santovito, Francesco Guccini & Loriano Macchiavelli.

Se Guccini già lo conoscete (avete di sicuro cantato “la locomotiva” sbronzi con il lambrusco amabile in bottiglioni da 1,5 l. quando avevate 17 anni, un alito pestilenziale e i brufoli), magari vi è sfuggito fino ad ora uno dei “decani” della letteratura gialla italiana, ovvero Macchiavelli: autore prolifico con una carriera più che trentennale, fra romanzi noir e teatro. Sua è la creazione di una delle coppie più strampalate (ma che “funzionano”) del giallo italiano, formata dall’ispettore Sarti Antonio e dall’eterno studente, extraparlamentare di sinistra, Rosas.

Da leggere assolutamente – e probabilmente una spanna sopra la pur più che discreta produzione di Macchiavelli – la ristampa del suo romanzo “Strage”, affresco dell’Italia degli anni della “strategia della tensione” al livello di un Ellroy o un Winslow.

Ritornando a Malastagione (è questo il titolo del romanzo a quattro mani appena uscito per Mondadori Strade Blu) la coppia Guccini-Macchiavelli mette da parte il maresciallo-partigiano Santovito e porta il tempo delle vicende alla contemporaneità, tenendo però ben ferma l’ambientazione del libro, infatti a fare da sfondo alla narrazione sono gli Appennini tosco-emiliani, è la montagna che si spopola sempre più e che viene devastata dalle seconde case e dagli appetiti degli speculatori.

Sono gli stessi autori a commentare la propria scelta: “Vorremmo fosse il tempo dei giovani. La montagna che raccontiamo non è nostalgia, ricordo. E’ la montagna di adesso. Bellissima, offesa, da difendere”.

Una montagna “attuale”, con tutti i suoi problemi e i suoi ritmi, dove il vecchio Adùmas, appostato per la caccia di frodo, scorge un cinghiale con in bocca un piede umano.

Sarà l’ispettore della Forestale Marco Gherardini detto “Poiana” a condurre le indagini a Casedisopra e toccherà nei nervi vivi gli interessi nascosti di chi vuole svendere le montagne, portando un po’ di “movimento” nella sonnecchiosa vita del paese.

Fra boschi di castagni e laghetti di montagna il romanzo scorre via veloce e godibile, solido e ben scritto, senza particolari colpi di genio ma strutturato in maniera equilibrata e con una scrittura asciutta e sempre discreta, frutto dell’esperienza narrativa, che ci “disegna” un mondo lontano da quello metropolitano e che vive comunque sulla propria “pelle” la globalizzazione e la crisi.


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