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Accanto alla Tigre

Ho deciso di leggere Accanto alla Tigre di Lorenzo Pavolini dopo essermi informato in giro. Quando ho visto che veniva presentato al Flexi non ho avuto dubbi e mi sono detto “beh magari è la volta buona che porto un Pavolini a Radio Onda Rossa”. Essì uno dei motivi era anche quello di invitarlo a Tabula Rasa.

Mi incuriosiva molto il racconto e il confronto con il nipote di uno dei più convinti tra i gerarchi fascisti, Alessandro Pavolini, intellettuale prima ministro del minculpop successivamente, una esperienza da direttore del Messaggero, ma soprattutto squadrista prima, capo delle Brigate Nere e uno dei capoccio della Repubblica Sociale di Salò poi. Fedele al Duce fino alla morte, fucilato insieme a lui, prese posto al suo fianco anche a Piazzale Loreto.

Questo è un romanzo, tra l’autobiografico e lo storico, che parte dallo voglia di Lorenzo  di ricostruire la storia del suo “illustre” nonno e della sua famiglia.

“Non un romanzo storico o familiare – sottolinea l’autore – ma un romanzo sulla storia e sulla famiglia, un libro scritto mettendoci molto tempo e molto di me stesso”.

Un cognome pesante da portarsi dietro, impegnativo soprattutto per chi ha un presente politico e culturale piuttosto diverso anzi proprio avverso a quello del nonno. E tra il tirare un filo tra il passato e il presente della sua famiglia, racconti dei suoi pellegrinaggi nei luoghi simbolo del fascismo e non, il raccontare una Roma, quella del quartiere Esquilino, territorio di contraddizioni enormi tra occupazioni neofasciste e abitanti migranti, scorre un romanzo molto intimo e per niente revisionistico.

Rimane la curiosità di capire chi fosse il nonno Alessandro, di scorgerne l’umanità e magari il fervore intellettuale di questo personaggio ma senza fare sconti.

“A studiare tutte le anime del fascismo, una che ti si innerva per caso in una gamba e ti mena chissà dove stai sicuro che la trovi. E’ statistico. Scopri che il fascismo, come ogni istituzione italiana di media o lunga durata, dalla chiesa alla Rai, c’ha dentro di tutto. Il potere italiano include, tende ad assorbire l’intero arco costituzionale in una vita di cortile, correnti, scaramucce”.

Interessanti i dialoghi con gli scrittori come Enzo Siciliano o Antonio Pennacchi. Curiosi alcuni passaggi e gli spunti che arrivano direttamente dalla storiografia, ma l’autore ha deciso chiaramente di non cavalcare la tigre per domarla, bensì di camminargli al fianco perché in fondo la storia del nonno non è la sua storia.

Novecento. Magnifche guerre, paci mostruose. Resistenza, morte e disperazione. Libertà. E per quanto la valigia grondasse sangue, non era il mio.

Magari è un modo per sottrarsi al confronto ma in fondo perché bisogna per forza confrontarsi con un nonno mai conosciuto? Io i miei ad esempio non li ho mai conosciuti, visto che sono entrambi morti durante la guerra. Chissà che facevano.
Detto questo ho faticato a un po’ a portarlo a termine. I motivi sono diversi: un po’ perché cibandomi molto di noir, non ho più nelle corde dei romanzi del genere (e questo è davvero un problema); un altro motivo è che temevo sempre che l’autore scivolasse nel revisionismo all’italiana, quella dei doc che spesso ti propinano in Italia  (tipo sul “Duce amatore” o sul “Duce bravo padre di famiglia”); altro motivo ma lo riconduco al primo, è che la prosa scelta è un po’ ridondante e molto estetica forse troppo e peccato perchè l’intimità che raggiunge e i sentimenti che scorrono, non ne avevano affatto bisogno.

Ps il libro intanto è arrivato tra i 5 finalisti del Premio Strega di quest’anno e non è mai dico mai stato presentato al Flexi. La vecchiaia avanza spavalda…

Posted in Generale.


2 Responses

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  1. opinionista says

    Ah no?!
    Rettifico allora e probabilmente ho avuto una visione oppure una notizia falsa! Ma che ne so, ormai non ho più il controllo su me stesso e su che quello che affermo 🙂
    Chiedo scusa al Flexi.
    Lunga vita al Flexi!

  2. lorenzo says

    per ora non è prevista