Quando nel bel mezzo della lettura dell’ultimo libro di Ellroy (che fatica…) ho visto in libreria che era uscita la ristampa del cosiddetto primo romanzo di Murakami, non ho esitato un attimo e ho sospeso tutto per leggere Nel Segno della Pecora, datato 1982, che successivamente ho scoperto essere una specie di Santo Graal per tutti i fan di questo autore.
Il giorno dopo la mia cara amica libraia mi ha scritto “lo sapevo che saresti stato il primo, com’è? il libro?” e la mia risposta è stata “è come ritrovare un vecchio amico”. Questa è stata la sensazione nel leggere questo romanzo, una specie di prequel di Dance Dance Dance, che però tratteggia quella che sarà la produzione successiva di Murakami. Ci sono tutti gli elementi: il gatto, i protagonisti senza nome, i sogni, le visioni oniriche, una trama surreale che sfiora il noir, una scrittura dettagliata, il Dolphin Hotel (!), la ragazza con dei strani poteri, ma soprattutto la noia e la solitudine.
Quest’ultima è un po’ il tema ricorrente di questo libro che vede protagonista un trentenne pubblicitario di successo, appena separato dalla moglie con cui andava d’accordo, che riceverà un incarico particolare: ritrovare una pecora dai poteri sovrannaturali per conto di un ricco e potente uomo d’affari di estrema destra, raffigurata in una foto che gli aveva mandato un suo amico scomparso e che lui stesso aveva usato per una pubblicità. Una storia incredibile che porterà l’uomo a lasciare tutto e a partire verso il nord del Giappone per trovare la pecora, tra pascoli innevati, personaggi stravaganti e tanta ma proprio tanta solitudine fisica ed emotiva.
Un romanzo che tiene, che mostra anche l’immaturità dell’autore stesso, che mi è piaciuto assai ma che mostra i limiti di un’opera prima. Bella l’idea, bello lo spunto, forse non sfruttato al meglio, alcuni personaggi e situazioni non sviluppate fino in fondo (ma non vi posso mica dire quali eh!) che però merita la lettura, che mi ha ridato entusiasmo nel leggere e che una volta terminato mi è anche dispiaciuto. Forse la delusione per After Dark era stata così cocente che almeno da Murakami volevo una certezza che spesso la vita non da.
– Quando incontro qualcuno per la prima volta, lo faccio sempre
parlare per dieci minuti. Dopodiché lo considero esattamente dalla
prospettiva opposta a quella che mi ha offerto. Ti sembro matta? –