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Il Monastero dei Lunghi Coltelli

Mi ero imbattuto, quasi per caso, nella “Bottega degli errori”, opera prima di Douglas Lindsay, e mi era piaciuto parecchio: l’ambientazione della piovosa Glasgow era resa perfettamente. Opprimente, scura, scalcagnata.

La storia poi molto divertente, surreale ribaltamento di tantissimi luoghi comuni del romanzo di genere senza comunque voler strafare, con il protagonista, Barney Thomson, innocente – ma quanto? – spettatore di una serie di avvenimenti che gli succedono tutto intorno e lo trascinano in un vortice.

Bene, il monastero dei lunghi coltelli – numero due della serie di quattro libri incentrati sulle vicende del barbiere cerusico [ho imparato anche questa parola, nel frattempo] Barney – è ancora più divertente ed esplosivo.

Barney Thomson è quello spietato serial killer, il feroce assassino in fuga che terrorizza tutta la Scozia? O è un’ innocua – e un po’ fesso – vittima di circostanze che sembrano accanirsi contro di lui?

Nelle Highlands scozzesi, dove Barney Thomson si è nascosto per sfuggire alla goffa caccia all’uomo ordita dalla polizia, si succedono una serie di spaventosi omicidi in un vecchio monastero, dove i frati vengono assassinati uno dopo l’altro… a proposito: chi ha trovato rifugio in questo luogo di preghiera e di silenzio, immerso nella nebbia della campagna?

Risposta esatta, Barney Thomson, che sembra attirare gli omicidi e le sfighe più che la signora Fletcher, il tutto condito da una coppia di poliziotti [l’ispettore Mullholland e il sergente Proudfoot] improbabile, albergatori svitati, un poliziotto locale silenzioso e sempre affamato e la certezza che tutti i mali del mondo provengono dallo “spietato” barbiere, finanche il rigore sbagliato da Billy Bremner contro il Brasile nel 1974…

L’autore ha preso ancora più confidenza con la scrittura e con i personaggi creati nel primo libro e ci regala quasi 400 pagine su Kowalski editore veramente scintillanti, in bilico fra la cupezza del noir classico e una serie di eventi deflagrante.

Ben scritto, divertente, intelligente, pieno di ritmo questo libro surclassa il precedente [che comunque resta un buonissimo lavoro] e si pone di diritto nella serie dei libri più interessanti letti nell’ultimo periodo: il freddo della campagna scozzese è reso benissimo, i personaggi sono incredibili, vivaci, capaci di intervallare citazioni dottissime a castronerie tremende, la storia è poi ben congegnata e “tiene”, con il suo buon grado di suspence come si addice a un noir.

Posted in noir - gialli.

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