L’ho finito stanotte prima di crollare tra le braccia di Morfeo. Mi sono divorato la seconda metà pagina dopo pagina, sfidando il sonno grazie alla tensione costrutita da Giuseppe Genna in questo suo Catrame, primo libro dell’autore milanese, primo di una fortunata trilogia.
Me l’ero promesso recentemente di tornare a leggere qualcosa di suo e l’ho fatto in questo weekend solare tra i prati romani e qualche bar tra il Quadraro e il Pigneto.
Catrame è una storia italiana nella piena accezione del termine. E’ una storia di terroristi neri che evadono, di trame oscure, di servizi segreti, di spaccio e pedofilia, in cui si aggira l’ispettore Lopez, il protagonista seriale della trilogia.
E’ una storia nera e densa come il catrame, quello dell’asfalto milanese che si squaglia, delle periferie come Quarto Oggiaro o Calvairate o l’asfalto del deserto centro cittadino. E’ una storia ambientata nel 1998 ma potrebbe essere tranquillamente ambientata 20 anni prima se non ci fossero riferimenti ai cellulari che squillano.
Ci sono tutti gli elementi del noir classico alla Ellroy (anche se in una intervista l’autore dichiara di volersi ispirare a Simenon) ma anche quelli che poi sono diventati caratteristica di Genna: la Milano più da pere che da bere, quella delle periferie degli spacciatori, dei papponi e delle prostitute, e le trame torbide, oscure e dense, fili che si dinapano lentamente per poi esplodere nel finale, storie inventate ma purtroppo verosimili perché è dalla storia più nera italiana a cui l’autore attinge.
A questo punto riprendo un po’ di fiato e mi do qualche settimana per leggere Non Toccare la Pelle del Drago e dunque concludere la trilogia.