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Tiro Mancino

Che ci fanno un pensionato ritiratosi nel sud, un detective che decide di mollare il lavoro e tutta la sua vita, per ricercare semplicità e lentezza, e un rapinatore psicopatico omicida nella calda Florida? Ce lo racconta Willeford Charles nel suo Tiro Mancino, un romanzo diverso nel genere noir poliziesco. Lento, metodico e preciso nella sua descizione dei particolari dei personaggi, delle loro follie e tic quotidiani, nella loro ingenuità o scaltrezza.

Stanley, pensionato ritiratosi nel caldo sud dopo 35 anni di fabbrica a Detroit, si ritrova in carcere per una falsa accusa di molestie sessuali ad una bambina ed incontra Troy, rapinatore, killer, fottutamente pazzo. Hoke Mosley, della squadra omicidi di Miami, decide di ammutinarsi, lasciare la polizia e le proprio figlie per ritirarsi su un’isola per “semplificare” la propria vita. Intorno alla loro si muovono altri personaggi, macchiette, attori comprimari di una storia che somiglia ad una sceneggiatura di un film di Tarantino.

L’innocenza di Stanley e la follia di Troy da una parte, la determinazione di Hoke e i guai quotidiani da un’altra, sono gli spunti per quello che viene giudicato il miglior romanzo di uno scrittore a me sconosciuto finora, nato nel 1919 , rimasto orfano ad otto anni, si è arruolato a 16 anni ed ha passato quasi tutta la sua vita nell’esercito americano da portarlo ad affermare “Una buona metà degli uomini che si incontrano sotto le armi sonopsicopatici. Esistono molti punti in comune fra la popolazionecarcerarie e quella militare. È così che ho conosciuto tanti uominicome Troy”.

Non manca nulla in questo romanzo, azione e lentezza, angoscia e divertimento, lucidità e follia, motivi per tornare a leggere di nuovo qualcosa di Willeford, scrittore noir e poeta, che non crede che gli uomini siano delle belle creature.

Posted in noir - gialli.