Mentre il mio socio si gode le (im)meritate vacanze sorseggiando dei mojito su qualche assolata spiaggia sarda nonchè sfogliando la Gazzetta dello Sport io, preso dagli avvenimenti in Ossezia del Sud, riscopro nella mia libreria questo “Pianeta Caucaso”, scritto da un giornalista polacco, Wojciech Gorecki ed edito per Bruno Mondadori.
Non so come è finito in casa mia questo libro, però data l’ignoranza collettiva sull’argomento Caucaso e la disinformacija prodotta dai media penso che possa essere un buon supporto: a metà strada fra il report di viaggio [anzi, di viaggi dato che l’autore è stato più volte in zona] e l’osservazione giornalistica il libro si snoda agile in affreschi delle sue peregrinazioni in questo lembo di terra sospeso fra Europa [per legami culturali e storia] e Asia [per collocazione sul mappamondo].
Spaccati di vita vissuta in villaggi di campagna, strade sterrate, città che conservano ancora l’austera architettura sovietica, antichi riti pagani che si mischiano al cristianesimo e all’islam, popolazioni come i lesghi, i circassi o i balcari che sembrano piccole isole divise fra microstati, stati de facto [come l’Ossezia del Sud] e repubbliche affiliate alla Federazione Russa e in realtà compongono un mosaico composito e del quale “l’Occidente” [sì, anche quello radical-impegnato] è quasi completamente ignorante.
Da Astrachan a Grozny, dall’antica Sebastopoli a Tiblisi Gorecki descrive sistemi sociali e politici diversi per ogni popolazione che incontra fra le asprezze delle montagne caucasiche, potentati criminali e satrapi di provincia in questa terra rinchiusa fra Mar Nero e Mar Caspio e divisa fra una parte nord legata ancora alla Federazione Russa e la Transcaucasia – la parte meridionale – divisa fra le tre nuove repubbliche di Azerbaijan, Georgia e Armenia, in un esplodere di nuovi e vecchi nazionalismi che richiamano molto da vicino i Balcani.