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Perdido Street Station

Riceviamo e pubblichiamo con piacere dal buon Scarph…

Qualche tempo fa, partecipando al progetto Babelteka (Bibilioteca pubblica distribuita) mi capito’ di scambiare la mia copia di Decoder, il film di Klaus Maeck, con un ricercatore universitario della Sapienza. Mi venne a trovare in ufficio per portarmi il video, parlammo un po’, nonostante la sua timidezza da geek trasandato rendesse la conversazione tutt’altro che piacevole, e mi consiglio’ di leggere Perdido Street Station di China Mieville (il geek lo stava leggendo in inglese)

Ho acquistato il libro presso uno store online e l’ho letto d’un fiato durante una breve vacanza su un’isoletta greca, circondato dal mare cristallino e da untuosi piatti di sardellas, taramosalata, koriatiki e souvlaki. Erano anni che 700 e passa pagine di romanzo, e io leggo quasi solo saggi, non mi passavano addosso in maniera cosi’ indelebile.

Ambientazione molto punk e piu’ fantasy che cyber, con personaggi, umani e mutanti, in stile usciti dai peggiori incubi burroughsiani. Una storia degna della SF dei primordi, ma notevolmente piu’ pop,  piu’ scura, nera, pervasa da un umorismo postumano che non e’ possibile descrivere.

Perdido Street Station, situata nei meandri della metropoli di New Crobuzon, i suoi abitanti folli e disperati, lo scorrere dei fatti, rendono questo futuro prossimo, ma certo, inevitabilmente attuale.

” Il fiume curva e serpeggia per fronteggiare la citta’. Che si profila all’improvviso, massicci, impressa sullo sfondo. La sua luce prorompe contro la zona circostante, ferendo le colline di roccia con livide chiazze di sangue. Le luride torri splendono. Sono avvilito. Sono costretto a venerare questa straordinaria presenza creata dal limo alla congiunzione dei due fiumi. E’ un’immensa inquinatrice, e’ fetore, e’ risuonare di clacson. Grassi camini vomitano sozzura nel cielo, persino in questo momento, in piena notte. Non e’ la corrente a spingerci ma la citta’ stessa che ci trascina, risucchiandoci con il suo peso. Deboli grida qui e la’, richiami di animali, l’osceno frastuono e il martellare delle fabbriche in cui si accoppiano immensi macchinari. Simile ad un intrico di vene protruse la ferrovia disegna l’anatomia urbana. Mattoni rossi e mura scure, chiese acquattate come arnesi trogloditici, logore tende svolazzanti, dedali acciottolati nella citta’ vecchia, strade senza uscita, fogne che crivellano il terreno come sepolcri profani, un nuovo paesaggio di cumuli di rifiuti, pietra frantumata, biblioteche
piene di volumi dimenticati, antichi ospedali, palazzi a molti piani, navi e artigli metallici che sollevano carichi dall’acqua. Come abbiamo potuto non vedere cosa si stava approssimando? Che scherzo della topografia e’ mai questo, che consente al mostro scompostamente disteso di nascondersi dietro gli angoli per poi manifestarsi davanti al viaggiatore? E’ troppo tardi per fuggire”

La continuita’ piu’ concreta con il filone cyber la troviamo soprattutto nella critica radicale della condizione umana immersa nel flusso tecnologico e nella fantasmagoria descrittiva che China Mieville (allora 28enne, inglese, trasferitosi in egitto) e’ capace di regalarci.

Un capolavoro. Leggetevelo!

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