Il primo libro dell’anno è Io e Te, romanzetto breve di Niccolo Ammaniti. 116 pagine lette tra il bus e l’aereo che mi ha riportato a Roma da Parigi, dove tra vicissitudini varie ho passate ste vacanze. Lei mi ha riempito la borsa di libri, francesi, tanto da sentirne tuttora il peso sulle spalle indolenzite. Tra questi c’era sto libretto che vista la brevità ho deciso di leggere, un po’ per spengere il vortice di pensieri che mi accompagna ogni qual volta viaggio, anzi diciamo ogni volta esco dal raccordoanulare.
Ora mi ritrovo su sto bruttissimo aereo Ryan a tirare giù le sensazioni di un romanzetto alla Ammaniti, nero e crudo quanto gli altri ma neanche troppo originale. Abbiamo un quattordicenne borghese e strano, che finge una vita normale con i propri genitori per evitare di andare di nuovo dallo psicologo. Sto pischello strano ma (ovviamente) piuttosto intelligente e cresciuto per i suoi 14 anni, arriva al punto di raccontare alla madre che dei suoi compagni di scuola lo hanno invitato ad andare in settimana bianca con i genitori di uno di loro. Il giorno della partenza, prende zaino e sci e si va a nascondere giù in cantina, dove aveva nei giorni scorsi nascosto un po’ di scorte di cibo, la play con uno de sti giochetti con gli zombi, che tanto piacciono ai pischelli strani e non, e un libro di Stephen King
Ma dopo un paio di giorni che se ne sta finalmente in santa pace senza essere costretto a fingere una normalità che non desidera né lo appaga ecco che arriva la sorellastra strana pure lei, bellissima, borghese e scapestrata come solo le borghesi sanno essere. Ma la sorella è afflitta da una malattia, quella che, come gli hanno detto i genitori, è “la malattia che non si attacca.”
Qua mi fermo, perchè il libro è talmente breve che già sono arrivato a metà e se aggiungo un paio di dettagli è bello che finito. Stiamo di fronte al solito romanzo di formazione, dove l’adolescente stranoeborghese a contatto con la sorella stranaeborghese, romperà il guscio che lo tiene stretto e salterà verso il fosso della vita reale. Onestamente letto così come l’ho letto io non mi è dispiaciuto. Mi ha tenuto compagnia, la tensione tiene e i personaggi per quanto non originalissimi alla fine dei conti manco sono malaccio però rimane il fatto che è qualcosa di letto e riletto oltre che di sostanzialmente scontato. Oltretutto 10 euro per un libro di 116 pagine che è un racconto scritto magari mentre l’autore se ne stava davanti alla tv mi sembra esagerato. Però la Einaudi nel raschiare il fondo del barile degli autori che più vendono è maestra. Metteteci pure che probabilmente se penso alla mia cantina, nel palazzo dove sono cresciuto, di accogliente non aveva proprio niente visto che era un ammasso di roba che sistematicamente una volta l’anno e per anni abbiamo dovuto sistemare. Al massimo l’unica cantina che ricordo con vivido piacere era quella del mio ex-coinqui, anni prima che diventassi il suo coinquilino (e non in quella cantina eh) dove andavamo sistematicamente a fumare prima e/o dopo i nostri attacchinaggi di manifesti più o meno militanti.
E a ripensarci bene forse manco noi troppo normali eravamo o siamo. Sarà l’aria delle cantine a far diventare così le persone?
SEI MOLTO DIFFICILE, HO LETTO DUE RECENSIONI E STRONCHI ENTRAMBI I LIBRI