La settimana scorsa in un paio di serate mi sono letto sto libro: Suerte – Io, Ilan Fernandez narcotrafficante di Guido Laurenti. L’ho preso perché l’ho trovato scontato al 50% nonostante sia uscito da poco e se avessi dovuto pagare il prezzo pieno mai l’avrei comprato.
Che libro è? Un ex narcos colombiano che si racconta (poco) della sua crescita e l’ascesa come narcotrafficante fino al carcere e la successiva redenzione, o come dice lui, resurrezione visto che ora è uno “stilista” (così dice lui) e creatore di quel marchio abbastanza coatto e kitsch “DePutaMadre69. Un marchio che detesto, con quella sua espressione che anche lui riconosce che in Italia suona volgare (sessista dico io) e fraintesa, visto che nel linguaggio carcerario è una specie di “va alla grande”.
“Vivevo sulla corsia di sorpasso e non badavo al panorama che mi sfrecciava a fianco.
Ero tutt’occhi per i dettagli, avevo smarrito quella visione d’insieme
che ti porta in vetta a un’organizzazione. Un tiro e via. Una
transazione dopo l’altra e montagne di soldi all’incasso. Se c’erano
ostacoli da rimuovere, li facevo rimuovere da qualcuno dei miei uomini,
dei miei soldati. La roba attraversava l’Atlantico e imbiancava l’Europa
senza che ormai io realmente facessi più che una decina di telefonate e
qualche incontro d’affari”.
Un libro ridondante, dove Ilan racconta molto poco dei suoi traffici, visto che non ha mai fatto il delatore (almeno questo), molto del carcere e della sua infanzia, si auto-incensa su quanto sia bravo ora come imprenditore di successo e sul come fosse diverso dagli altri narcos prima. Sarà che quando mi capita di leggere sti libri so di default che le storie narrate vanno prese con le molle, bisogna vedere quanto c’è realmente di vero e quanto è romanzato, tanto da condizionarmi la lettura. Ma davvero c’è troppo poco in questa pseudo confessione, niente che non si sappia o che sorprenda. Infatti come già detto rimane noiosetto e piuttosto mediocre. Salvo giusto qualche parte sull’aspetto carcerario ma anche li, il voler essere protagonista dell’autore, nasconde gli spunti più interessanti e meno elaborati.
Ogni pagina o capitolo che leggevo mi tornava in mente una poesia del buon Trilussa, l’eroe al caffé che chiude dicendo tutto sommato “Spara, sfonna, ammazza… Per me – borbotta – c’è una sola strada… E intigne li biscotti nella tazza.”
deliziosa stroncatura…. firmato l”autore