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La casa

 Si rimane sempre sorpresi quando si legge un nuovo fumetto di Paco Roca. E’ uno stupore particolare quello di chi nonostante le alte aspettative riesce sempre a trovare qualcosa di inaspettato e a stupirsi per la bravura dell’autore. Con “La Casa” uscito appena una settimana fa, Paco Roca conferma di essere uno dei migliori in circolazione oltre a confermare il fatto che in questi ultimi mesi stanno uscendo dei fumetti molto belli, di un livello così alto che si rischia di abituarcisi troppo.

La Casa è un racconto d’amore. L’amore per il proprio padre. L’amore per i luoghi dell’infanzia. Ed è la storia di 3 fratelli che si ritrovano nella casa di campagna del padre, ad un anno dalla sua scomparsa, luogo dove l’uomo si era ritirato a vivere e che i figli non frequentavano più. Non so quanto ci sia realmente di autobiografico, ho la sensazione che sia molto ma non è così importante. Perché alla fin fine, se è parte della storia della famiglia Roca o no, le emozioni trasmesse, la sensibilità che riempie pagina dopo pagina, ci lasciano una lettura toccante e forte come non accade spesso.

Si empatizza con la storia. Ci fa viaggiare a ritroso tra le nostre emozioni, tra i nostri ricordi di un passato ormai lontano, fotografie sbiadite di vacanze di oltre trent’anni fa. Perché se ripenso al mio di padre, è innegabile che molti ricordi siano legati a lui in quella casa al centro della Sardegna dove ho passato ogni estate della mia vita fino intorno ai 18 anni. E ricordo anche i momenti in cui gradualmente noi 3 figli smettemmo di andare in vacanza con i nostri genitori, l’abbandono di quella casa a cui siamo ancora tutti legatissimi e in cui ogni tanto torniamo. E Roca è riuscito a portarmi indietro. E’ riuscito a farmi rivivere anzi vivere ancora le stesse sensazioni attraverso il ripescaggio di malinconici ricordi.

Infine, rimanendo sull’autore, la cosa che più sistematicamente mi meraviglia è la sua capacità di raccontare e rappresentare il mondo degli anziani. L’avevamo già vista attraverso “Rughe”, in qualche modo di nuovo con “I solchi del destino”, questa sua capacità straordinaria nel ritrarre un mondo che dovrebbe essere sconosciuto, con una attenzione e sensibilità fuori dal comune.

Non ho un granché da aggiungere perché forse avrei anche troppo da raccontare su quel che ho provato leggendolo. Voglio chiudere con un cenno alle tavole, bellissime, sin dalla straordinaria prima pagina.

 

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