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Voglio la testa di Ryan Giggs

 “Nel calcio finisce male per tutti.
L’unica differenza quanto tempo impiega ciascuno di noi ad arrivare alla fine.
E se, quando ci arriva, riesce a trasformarla in un nuovo inizio”

Immaginate di nascere a pochi passi dallo stadio della vostra squadra del cuore, lo stesso stadio in cui tutta la tua famiglia siede in tribuna dal dopoguerra. Immaginate che da bambino quella stessa squadra vi prenda a giocare con sé. Ora immaginate che Sir Alex Ferguson (allenatore del Manchester United, per chi non lo sapesse) venga addirittura a casa vostra per parlare con i vostri genitori, perché sei uno dei ragazzi più talentuosi. Infine immaginate di esordire con quella stessa squadra, la squadra che amate, avete diciotto anni, e…
E inizia la tragica storia di Mikey Wilson, descritta in questo romanzo di Rodge Glass, promessa del Manchester United protagonista del “peggior esordio di sempre”. Dopo due minuti dal suo ingresso, per inseguire un passaggio sbagliato di Ryan Giggs, Wilson sarà protagonista di un bruttissimo tackle che finirà con lo spezzare la sua gamba e quella del difensore avversario. Tutto questo nel suo stadio, il Teatro dei Sogni, come viene chiamato l’Old Trafford, glorioso campo dello United. Davanti alla tua famiglia, ai tuoi amici. Ti avevano ribattezzato “Little Ryan” per la somiglianza in campo col già popolare Giggs e quell’infortunio sarà l’inizio di un baratro, di sogni spezzati, di alcolismo e fallimenti.

Un racconto tragico quello di Glass, triste come il suo protagonista, che si sviluppa sotto diversi piani temporali, il presente (2008) e il racconto dei 16 anni precedenti, fino a un incredibile finale (no spoiler tranquilli) che non immaginavo. Del resto non conoscevo minimamente la storia di Wilson, nonostante segua molto il calcio inglese, nonostante “tifi” United da quando giocavo da ragazzino a Subbuteo e mi prendevo questa squadra dalla nobile storia, che vinceva pochissimo (un po’ come la mia Roma, ovvio) ma soprattutto del nord Inghilterra, la zona operaia per eccellenza, dove il sottoproletariato urbano riempiva gli stadi.

Glass, con una scrittura piacevole, che scorre tra la vita di Wilson, racconta i successi di Giggs con il suo United, un parallelo impietoso, violento, che distruggerebbe chiunque, facendolo affogare nel mare dei rimpianti. Chi nella propria vita non ha accollato fallimenti e delusioni agli altri? Ed è quello che fa il nostro sfortunato protagonista, che diventa così la nemesi del giocatore che sta battendo tutti i record della storia del calcio Uk, e che mostra l’altra faccia del calcio. Per ogni giocatore che emerge, altre decine finiscono nel dimenticatoio, con tutti i loro sogni, aspettative e fantasie, in frustranti campi di pozzolana, davanti (forse) a qualche spettatore. Parallelamente Glass ci racconta come si è trasformato il calcio inglese, come provano a resistere i tifosi che non vogliono piegarsi definitivamente alle logiche del calcio business, delle proprietà multinazionali, del fatto che una squadra si trasformi in brand. Una spiegazione semplice, fatta col cuore, efficace e precisa, che si consuma nella telefonata tra Mikey e il fratello, che abbandona il tifo per lo United per cominciare a tifare il Derby County, squadra retrocessa nelle serie minori, “perché lì i giocatori sembrano uno di noi”.

Concludo – dopo aver dribblato qualsiasi passaggio della vita di Wilson che non sia scritto nella quarta di copertina, perché è una storia che va letta, facendola scorrere insieme alle pagine del romanzo – chiedendomi perché mai soltanto gli autori inglesi siano capaci di regalarci romanzi sul calcio e dintorni, così incredibilmente simili alla mia concezione e cultura calcistica. Provo anche un po’ di invidia, ma poi penso che gli autori uk sono i migliori romanzieri del proletariato urbano e non, quello fatto di calcio, birra e musica. Tre elementi semplici, che miscelati bene tirano fuori racconti e storie che vale la pena leggere.

«I piccoli uomini in grigio che amministrano e le emittenti e i giornali, prendendosi il meglio e tenendoci sempre con la bava alla bocca in attesa del prossimo evento con gente che calcia una palla, non sanno cosa voglia dire amare davvero ciò che fai, non voler fare nient’altro, fermare il mondo per un po’, mettere in pausa tutto ciò che esiste al di fuori di un campo di gioco».

 

PS una menzione speciale a questa casa editrice che sta tirando fuori dei titoli molto interessanti: 66thand2nd (sia chiaro che nun me pagano e manco me regalano libri :p)

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