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Zona uno

 Da quando qualche anno fa mi sono imposto il fatto che i libri possono essere lasciati, mi sono liberato di tutta una serie di sovrastrutture che un lettore compulsivo non dovrebbe avere. Leggendo Zona Uno di Colson Whitehead, romanzo che avevo acquistato con tanta aspettativa, me lo sono domandato più volte se non fosse il caso di passare ad altro. Ma non l’ho fatto, sbagliando.

Sì, sono deluso. Ammetto che la roba zombiesca non è nelle mie corde. Non sono un amante dell’horror o affini. Mi piace però quello fantascientifico, apocalittico, quindi le premesse per farmi piacere Zona Uno c’erano tutte. Lo spunto del romanzo è il solito: una terribile epidemia, improvvisa e devastante, tanto da spazzare via, quasi completamente l’umanità. I restanti si organizzano e formano un governo provvisorio a Buffalo mentre gli interi Usa sono invasi da famelici zombie. Il primo compito dei sopravvissuti è bonificare e il primo passo verso la rinascita è bonificare l’isola di Manhattan, la cosiddetta zona uno.

Protagonista dell’intera storia è Mark Spitz, un “ripulitore” cioè un agente civile di una squadra che si occupa proprio di bonificare parti di territorio. Si è fatto mandare a Manhattan, nella sua NYC, ed è un uomo per nulla semplice. Una personalità contorta, solitaria, dotato di una sensibilità diversa da quella dei suoi commilitoni. Un uomo piuttosto chiuso, di quelli che non si notano, un uomo non mediocre ma di quelli che non hanno particolari spunti né in senso positivo né in quello negativo.

Il problema è che le 300 pagine che danno corpo a questo romanzo, non funzionano quasi mai. La scrittura così fitta e densa finisce per diventare confusa e faticosa. Ci si perde, ci si confonde ma soprattutto ci si annoia. Un romanzo a cui manca il ritmo. E per ritmo non intendo frenesia, colpi di scena, sparatorie o morti ammazzati, no. Parlo di una cadenza, di un tempo, lento o veloce che sia, ma che scandisca i vari passaggi del libro. Ho anche pensato che potesse essere una scelta, la lentezza come rappresentazione di un tempo che si è fermato ma non credo fosse intenzione dell’autore. E io infatti ho continuato a dargli credito, aspettandomi fino all’ultima pagina uno scatto, una sorpresa, ma niente.

Sarà che non ho mai visto The Walking Dead, sarà che il genere non fa per me e non farà mai per me, sarà quel che volete ma la sensazione di aver sprecato tempo nel leggere questo libro c’è. Avrei dovuto fidarmi del mio intuito e a metà lasciarlo senza rimpianti, ora starei parlando d’altro oppure recuperando letture arretrate che continuano ad accumularsi inesorabili accanto al mio letto.

Zombie di tutto il mondo, unitevi. E leggetevi tra di voi.

Ps se trovate dove sta pure sta feroce critica al capitalismo, mandatemi una mail.

Posted in narrativa.