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Troppo non è mai abbastanza

 Agosto, il caldo, il fine settimana, ti permettono di recuperare letture accantonate per qualche motivo. Il fatto che il fumetto di Ulli Lust “Troppo non è mai abbastanza” fosse un volume di 464 pagine aveva intimorito la mia lettura. Sbagliando, come spesso accade.

“Qual è il suicidio più lento? Nascere e aspettare che tutto finisca.”

Più di una volta ho scritto che ero un po’ stanco di tutta questa produzione autobiografica a livello di fumetto. E lo penso tuttora, sia chiaro. Credo che non tutte le vite degli autori siano così interessanti e meritino di essere raccontate. La storia di Ulli Lust è una storia di una generazione: quella punk a cavallo tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ‘80. La storia di una ragazza minorenne che decide insieme a una sua amica di partire per un viaggio in Italia, senza soldi, senza documenti, senza bagagli, passando la frontiera illegalmente (Schengen era ancora lontana).
Vivere ogni giorno come fosse l’ultimo, scrisse la giovane Ulli nel suo diario. Con la consapevolezza del doversi conquistare, in quanto donna, ogni più piccolo pezzo della propria libertà, indipendenza e autodeterminazione.
Proprio questo aspetto diventa il nodo centrale del romanzo-grafico della Lust: attraversare un paese infettato dal machismo – ieri come oggi – da nord a sud. Esclusa la permanenza in una comunità di fricchettoni a Roma, Ulli e Edi, si dovranno scontrare giorno dopo giorno con questa cultura, ossessiva e violenta, fino alla violenza sessuale subita dall’autrice mentre “soggiornava” a Palermo.

“Avrei voluto sorvolare sulla relazione con il tizio che mi ha violentata. Avrei voluto evitare di raccontarla perché… è imbarazzante. Ma mi sono detta che era interessante: la realtà non è mai così lineare.”

Ulli Lust per sostenere il proprio racconto usa un disegno sporco ma semplice, fatto di moltissime tavole. Un disegno che lei stessa definisce così: “anche se le mie capacità come disegnatrice sono limitate, unite al testo, strutturate in una sequenza narrativa, queste funzionano invece molto bene”. Parole condivisibili, tanto che la storia regge, nonostante a volte dia la sensazione di essere un po’ troppo lunga, e riesce a mantenere una sua armonia e una sua leggibilità. Tanto quanto riesce a conservare, con forza, la drammaticità della violenza subita e della violenza che subiscono ogni giorno le donne, per il semplice fatto di essere donne.

“Mentre disegnavo questa storia pensavo spesso: ci sono tanti libri e tanti film in cui le ragazze di comportano da sceme. Se un ragazzo è rude con loro si mettono a piangere. Non è realistico. Mi è piaciuto disegnare una storia in cui le ragazze rispondono “Cosa vuoi da me? Vuoi offendermi? Devi rispettarmi!”; Spero sia un buon modello per le ragazze, dire “Ehi, sono un essere umano, non un animaletto carino.”

Nonostante alcune sbavature, questo è un romanzo a fumetti che consiglio di leggere. Non è il pugno allo stomaco che ci si aspetterebbe quando si affronta l’argomento della violenza sulle donne. Non lo è perché è l’autrice stessa a non cercare né pietismo né vittimismo, attraverso un racconto della propria adolescenza realizzato con disincanto e un po’ di nostalgia. Raccontare la violenza subita diventa uno strumento per affermare che, nonostante tutto, non ha concesso spazio ai tentativi di sottomissione e di privazione della propria dignità, frutto della cultura patriarcale di cui il nostro paese era ed è tuttora pregno.

 

Posted in fumetti.


2 Responses

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  1. opinionista says

    Ciao Marta, ti ho risposto via mail.

  2. Marta says

    Ciao,
    posso chiederti un favore? Potresti dirmi dove compri i fumetti?
    c’è per caso qualche sito specializzato, che magari ha anche dei buoni prezzi?
    Se puoi fammi sapere per favore:)
    Grazie, ciao