Con estremo fastidio sono costretto a scrivere di nuovo la recensione di questo romanzo, ultimo tra quelli rimastomi da commentare tra le letture estive. Il fastidio ovviamente non nasce dalla lettura ma dal fatto che giorni fa avevo scritto una recensione che però è andata persa non so dove non so come.
Certo John Fante e il suo “Chiedi alla polvere” meriterebbe un incipit diverso e meno “personale” ma del resto a me mica me pagano per “recensire” dunque… Mi trasformo in Arturo Bandini, aspirante scrittore, alter-ego dell’autore, un uomo in equilibrio tra la sua enorme presunzione e le sua debolezza mista a una immaturità di fondo. Un po’ come me, del resto.
Arturo che si trasferisce a Los Angeles, con sottobraccio l’unico racconto finora pubblicatogli, privo di ispirazioni, che passa il suo tempo tra l’esaltazione e l’autocommiserazione, un po’ come i tifosi romanisti, con le sue frequentazioni border-line, perché infondo lo è anche lui.
Arturo alle prese con 2 rapporti: l’innamoramento per Camilla, non corrisposto, e la storia di “sesso” con Vera, alimentata dalla solitudine dei due. Il tutto sorretto da una scrittura bellissima, che mischia ironia e tragicità, per un romanzo che neanche sembra sia stato scritto nel 1939.
John Fante ci regala un romanzo, non so quanto autobiografico, sui rapporti umani e il degrado degli stessi, attraverso un personaggio che è anti di suo: anti-eroe tanto quanto antipatico e spocchioso. Un libro che apre la strada a quello che diventerà il protagonista di altri suoi libri, per un percorso di crescita che lo accompagnerà anche nella sua carriera.
“Così l’ho intitolato Chiedi alla polvere, perché in quelle strade c’è la polvere dell’Est e del Middle West, ed è una polvere da cui non cresce nulla, una cultura senza radici, una frenetica ricerca di un riparo, la furia cieca di un popolo perso e senza speranza alle prese con la ricerca affannosa di una pace che non potrà mai raggiungere. E c’è una ragazza ingannata dall’idea che felici fossero quelli che si affannavano e voleva essere una dei loro.” (John Fante, prologo a Chiedi alla polvere).
Qualcuno noterà che non ho fatto nessun cenno a Bukowski, visto che quest’ultimo ha sempre sottolineato che Fante è stato la sua maggiore fonte d’ispirazione (oddio che orribile gioco di parole!). E non lo fatto perché, nonostante abbia letto molto Bukowski, tuttora mi spiego a fatica come abbia tutto questo successo.
Come se dice a Roma? Bukowski a Fante, je spiccia casa.
E non l(‘h)o fatto perché, nonostante abbia letto molto Bukowski, tuttora mi spiego a fatica come abbia tutto questo successo.
E’ in assoluto uno dei miei 10 libri preferiti. D’accordissimo su Bukowski, straordinario il parallelismo con noi esaltati ed autocommiserati adoratori della Lupa.
Non aggiungo altro alla lucidissima disamina.
Daje va’ !