Chissà se Pelecanos sa che nella IV di copertina del suo ultimo libro edito dalla Piemme c’è scritto “uno degli autori preferiti da Barack Obama”. No perché ormai il brand Obama non è più fashion come un paio d’anni fa quando al miracolo americano sembravano crederci tutti. Certo non è Bush e gli Usa sono un paese decisamente meno peggiore di prima ma ormai il solo dire Obama non scalda quasi più nessuno altro che “hope”. E forse non scalda troppo neanche quest’ultimo romanzo di uno scrittore che stimo e apprezzo tanto: George Pelecanos e il suo “Il Sognatore“.
A me questo autore piace molto. Mi piace il suo modo di scrivere, i suoi spunti, il suo descrivere ambienti e personaggi, l’America urbana, delle periferie come degli anonimi quartieri della middle-class. E lo fa di nuovo con questo suo ultimo romanzo appena uscito in Italia, tirando fuori un libro tutto sommato soddisfacente ma meno brillante dei precedenti, o quelli in cui era protagonista Derek Strange. L’ho finito stanotte, mentre cercavo di mettere ordine nella mia testa.
E’ la storia di 3 uomini anzi 4, protagonisti 30 anni prima di uno scontro razziale in quartiere nero della periferia di Washington (o Baltimora? Mica si capisce), quando 3 sedicenni bianchi decidono di fare un incursione nel quartiere nero per insultare qualcuno. Il tutto finirà con un morto, un ferito grave e un arresto per omicidio. Trent’anni dopo c’è chi ancora non ha dimenticato, chi vuole mettere una pietra sopra, chi medita vendetta. La storia ruota intorno ad Alex Pappas, bianco e ristoratore nello stesso caffè che fu del padre. E’ lui quello che rimane gravemente ferito e che tutt’ora ha un occhio mezzo chiuso. E’ lui che si trovava nel sedile posteriore dell’auto dei “bianchi”, che non voleva neanche andare a fare quella bravata ma che non fu capace di sottrarsi. E infatti questo romanzo è anche la storia di un uomo che non riesce a sottrarsi al suo destino né a determinarlo. Di un uomo che “viaggia sempre sul sedile del passeggero”.
Forse non è neanche un vero thriller ma più una crime-story, di sicuro al di là di tutto, George Pelecanos sa scrivere bene. Sarà che essendo uno dei produttori e sceneggiatori di The Wire non posso che portargli gratitudine. L’unica nota sgradevole di questa edizione sono alcuni strafalcioni clamorosi di traduzione. Il che mi fa pensare che chissà quale altre cose sono state tradotte acazzodicane!.
Vi faccio qualche esempio:
“Kruger era seduto sul divano e giocava a Guerrieri sull’Xbox. Preferiva il videogioco al film perché nel primo c’era piu sangue e gli eroi potevano fregare la polizia”. Il videogioco e film in questione è The Warrior, conosciuto in Italia come I Guerrieri della Notte. Sta cosa la sa pure mi madre di 70 anni.
oppure riguardo al basket:
“Michael Jordan non ha avuto bisogno di un centrocampista eccezzionale per far vincere il campionato ai Bulls”
“Non andranno tanto in fondo senza un centrale”.
Maddai! 1 nel basket non esistono i centrocampisti! E non capisco neanche da dove salti fuori la traduzione letterale. 2 Più comprensibile l’altro strafalcione visto che “center” (chi gioca sotto canestro) si dice centro e non centrale.
Io ora non so quanto le hanno pagate le due persone che hanno curato la traduzione. Spero poco perché almeno comprenderei la fretta e gli errori. Di sicuro non ci fanno bella figura e insinuano il dubbio di una mal traduzione per tutto il romanzo, che tralaltro costa sedicieuroecinquanta!