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I materiali del killer

Finalmente.
Dopo aver letto (e recensito) discrete porcate quest’estate, ecco invece l’ultimo libro di Gianni Biondillo giusto per alzare decisamente la media.
Lo stavo aspettando, era stato annunciato da un booktrailer simpatico e umile (come è l’autore), pregustavo già le nuove vicende dell’ispettore Ferraro e la sua Milano descritta con una bravura rara.
Forse a questo giro Biondillo si è addirittura superato in profondità, riuscendo a raccontarci diverse storie dentro la narrazione principale.
L’ispettore Ferraro ama Quarto Oggiaro,  ma per motivi “superiori” (leggi un divorzio) si trova a doversi trasferire in Via Padova, nel cuore multietnico e popolare di Milano, fra vicini di casa marchettari e panettieri egiziani e così deve tornare dall’esilio romano al quale è stato costretto per tre anni.
Una rapina in villa finita male, con il rapinato e il sospetto rapinatore che si uccidono a vicenda.
Un’evasione spettacolare dal carcere di un detenuto africano.
Ferraro si troverà inserito in queste due indagini su fatti delittuosi che lo porteranno a insinuarsi nelle stratificazioni dell’Italia decadente attuale, si confronterà con il razzismo di Stato e con la multiculturalità che è ormai dato di fatto, checchè ne dicano le capre in camicia verde.
La provincia e la metropoli, la grassa Lombardia e il suo capoluogo di regione, con le sue storie nascoste e che si intrecciano alle esistenze delle persone: se per la rapina in villa sembra già tutto scritto, per l’evasione con conseguente carneficina gli inquirenti si trovano una bella gatta da pelare: l’evaso è sempre stato un detenuto modello ma la sua fuga dal carcere di Lodi lascia dietro di sé una scia di sangue che il commissario Elena Grimaldi Rinaldi, vecchia fiamma di Ferraro, non riesce a capire da dove arrivi.
Ecco quindi che Ferraro, in eterno conflitto con i vertici, viene sballottato da un caso all’altro e si trova a lavorare fianco a fianco con i colleghi di Lodi sulle tracce di Haile, un carcerato che ha attorno un’aurea di mistero, a iniziare dalla vera identità.
Biondillo riesce a inquadrare il racconto puro da “giallo” in una descrizione a cerchi concentrici del contesto, partendo dalle schiette riflessioni politiche sull’Italia attuale e arrivando all’individuo, soffermandosi con particolare interesse sui cambiamenti che il territorio e le città vivono a ritmi forsennati.
E’ un romanzo politico quello di Biondillo, nella sua accezione più alta: è il noir, ovvero uno dei pochi strumenti che ci sono di descrizione del presente e attuale.
Biondillo infatti riesce a incastonare nel racconto dei due episodi portanti (la rapina e l’evasione) un’attualità globalizzata che permea le vite stesse delle persone, descrivendone non solo i contesti liquidi dove si muovono ma addirittura facendo leva sull’identità stessa delle persone, liquida pure questa come nel caso di tanti migranti costretti a partire e arrivando a interrogare il lettore – che si riesce a immedesimare bene nel romanzo, dato che tante domande sottointese dell’autore sono pienamente condivisibili – sul rapporto con l’altro.
Ironia tagliente, miserie umane e ritmi sempre alti con uno sfondo ben costruito, uniti a una scrittura solida e senza sbavature: il terzo capitolo della trilogia con protagonista Ferraro (Per cosa si uccide e Con la morte nel cuore gli altri due) è un’ottima prova d’autore che di sicuro non si perde nell’autoreferenzialità o nell’esercizio di stile perchè Biondillo ha tanto da dire e lo sa fare con mezzi eccellenti.
Un romanzo solido, più profondo di quello che possa sembrare, ulteriore passo avanti nella scrittura di questo autore pugliese siculocampanomilanese di Quarto Oggiaro (a proposito, cercatevi anche i suoi libri legati alla sua “professione”, ovvero Metropoli per principianti e Tangenziali: grondano di passione per il proprio lavoro e di uno sguardo ironico e pungente ai cambiamenti dei territori).

Unica nota negativa: qualche giorno fa Biondillo è venuto a presentare il suo ultimo lavoro a Bergamo, in una nota libreria del centro che inaugurava proprio quel giorno. Mi sono fermato fuori dalla porta, tanto era fastidiosa la parata di Hogan, abbronzature da yacht, squittii delle signore della BergamoBene che per puro presenzialismo si sono presentate all’evento e che leggono al massimo Faletti. Mi sono innervosito e non ce l’ho fatta ad varcare la soglia ma sotto sotto mi sa che lo stesso Biondillo ha avuto le mie stesse sensazioni…

 

Posted in noir - gialli.

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3 Responses

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  1. Artemio Antinori says

    Sono un appassionato lettore dell’ispettore Ferraro e di Gianni Biondillo, del quale segnalo il bellissimo “nel nome del padre”, e adoro come la descrizione di Quarto e della Milano attuale, del senso dell’umorismo anche un po’ cinico. Aspetto sempre con grande trepidazione il prossimo e non ne ho mai abbastanza. Su tutti, personalmente, cito “Con la morte nel cuore” fra i miei preferiti

  2. kappa says

    Ciao gianni, scusa per i refusi, non so perchè ero convinto tu fossi pugliese… “il giovane sbirro” (ambientato in parte nelle mie zone) lo consideravo un “prequel” alle vicende di Ferraro…
    la prossima volta entrerò, la mia deformazione professionale da “ex commesso di negozio di calzature” mi impone di guardare le scarpe altrui e ogni tanto incarognirmi con certe tipologie di libreria (sì, sono un po’ snob al contrario)…

    al prossimo libro!

  3. gianni biondillo says

    Grazie, di cuore.
    Dovevi comunque entrare. Basta fare come me, che non guardo mai le scarpe degli altri.

    Poi:
    1. Rinaldi, non Grimaldi.
    2. Questo è il quarto libro su Ferraro, c’è anche “Il giovane sbirro”
    3. Non sono di origini pugliesi. Ma siculo-campane.

    ciao, Gianni