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Mia Suocera Beve

E’ stata una notte difficile. Gli incubi hanno squarciato il mio sonno, regalandomi delle cattive sensazioni al mio risveglio e un cattivo riposo. Strano, perché quando a notte fonda ho finito Mia Suocera Beve di Diego De Silva ero sì dispiaciuto perché avrei voluto continuasse un altro po’ di pagine ma anche piuttosto soddisfatto per aver scelto e letto un bel libro, divertente, ironico tanto quanto profondamente riflessivo.

La storia è semplice, Vittorio Malinconico avvocato di insuccesso, si ritrova nel bel mezzo di un sequestro di persona all’interno di un supermercato. Il tutto mentre la sua vita va a rotoli, tra una ex moglie pressante, la suocera in ospedale che vuol vedere solo lui, la storia d’amore che frana inesorabile.

“Sai qual è il tuo problema? Che mandi avanti le cose per inerzia”.

Vincenzo Malinconico è un uomo che non lotta. Che si lascia trasportare dagli eventi. Che vede scorrere le cose davanti a lui senza voler intervenire. Magari lo pensa ma non ne ha mai il coraggio. Che lascia che gli altri decidano davvero per lui. Ma non è né scemo né altro. E’ un uomo, forse il prototipo dell’uomo contemporaneo, insicuro e inaffidabile, dominato dalle donne della sua vita, che si accontenta di vivere nell’ombra sfuggendo alle proprie responsabilità. Un uomo che “soffre di capitolazione precoce”.

“Se dovessi indicare il principale dei miei difetti, quello di cui più avverto la ricorrenza nei rapporti che instauro con gli altri, direi che è la mia tendenza a rimuginare. Io rimugino tantissimo. Quando cammino. Quando lavoro. Quando mi diverto. Quando mi compiango. Quando faccio l’amore. Soprattutto quando non lo faccio”.

E mentre le telecamere delle tv circondano il set del sequestro, Malinconico percorre la sua vita e ci fa partecipi del suo rimuginare. E sono riflessioni sempre piuttosto intelligenti, profonde talmente tanto da farci innamorare di un personaggio che un po’ tutti noi maschietti sentiamo vicino. Quelli che “Se non riesci a cogliere l’attimo, prenditi un po’ di tempo”, quelli che attraversano le proprie esperienze cercando di non sporcarsi mai troppo le mani, come se andare affondo nelle cose potesse mettere troppo a nudo le proprie debolezze.

Eppure Malinconico è lucido nel raccontare i propri limiti e le proprie esperienze. Il non interferire è caratteriale non frutto di una ignoranza emotiva. Così come è lucido nel raccontare il sequestro in diretta, in cui in qualche modo ne diventerà un protagonista, offrendoci pensieri e spunti intelligenti dall’amore ai media, passando per la giustizia e la società. Riflessioni condivisibili, sagaci, sviluppate con semplicità di scrittura, ironia e quella filosofia spicciola che accettiamo solo dalle persone attempate.

“E allora pensate che non li sopportate proprio questi automatismi affettivi che si attaccano al passato  non tengono minimamente conto del divenire delle cose, perché poi, quando la realtà ve li rimanda indietro come merce scaduta, che brutto che è”.

Eppure Malinconico non sarà sempre succube del proprio insuccesso. Avrà qualche moto di reazione e di orgoglio, stimolati dall’atipico rapporto con la suocera, malata di cancro e ricoverata in ospedale, che attraverso la sua schiettezza e una forza caratteriale disarmante, sarà l’unica capace di “schiaffeggiare” Vincenzo portandolo a reagire, in qualche modo, a modo suo.

“Mi fanno disperare come nient’altro al mondo, le smorfie addolorate di qualcuno che amo. Farei qualunque cosa per cancellarle. Davanti a una bocca che si contrae mortificata, a uno sguardo che si perde nell’aria, a un dolore che prende forma e sfigura un viso a cui vuoi bene, mi annullo”.

Forse è un romanzo troppo per uomini ma che sicuramente regalerà sorrisi e soddisfazioni alle donne che lo leggeranno, che potranno godersi il piacere di vedere un uomo raccontare con tanta lucidità le proprie debolezze di genere. E a noi uomini, alcuni passaggi, come quest’ultimo, ci fanno sentire vicini a questo personaggio atipico. Lo si amerà e apprezzerà per le sue riflessioni. Un perdente consapevole, sempre vicino alla capitolazione, capace di rialzarsi sempre.
E bravo, davvero bravo è stato l’autore, a regalarci questo personaggio e questo romanzo, capace di divertire e di far riflettere. Scritto davvero bene, con un linguaggio ricercato e semplice, a cui non siamo davvero abituati. Mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca, sicuramente accentuato dagli incubi notturni, capaci di turbarmi con tutta la loro violenza, nonostante a un certo punto del sonno fossi consapevole del fatto che era solo un sogno, un brutto sogno, non ho fatto nulla per svegliarmi definitivamente, anzi, mi sono fatto trasportare dal delirio onirico senza voler intervenire.

Ps non posso che augurare al mio socio una pronta guarigione, visto che ora si ritrova con tre viti all’anca a causa si una stupidissima scivolata. Daje K daje!

Posted in narrativa.

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One Response

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  1. sla says

    Diego de Silva è un genio e anche il suo primo libro con Malinconico come protagonista (Non avevo capito niente) è una goduria