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Wilson

Ieri ho ricominciato a lavorare dopo più di tre settimane e avevo l’umore sotto le scarpe. Passando dai miei amici librai ho scoperto che era uscito un nuovo fumetto di quel mezzo genio di Daniel Clowes: Wilson. Dunque l’ho preso sperando vivamente che cacciasse un po’ della mia depressione di fine estate e mi aiutasse a prendere sonno.

Wilson è un rozzo single, sociopatico, nuovo personaggio nato dalla matita del disegnatore americano. Una specie di anti-eroe, intrattabile e intollerante, con un evidente bisogno di contatto umano e di dialoghi. Apparentemente un misantropo ma questa definizione viene smentita da Clowes stesso: “La gente definisce Wilson un misantropo e io non credo che lo sia. Si aspetta troppo e resta deluso. I misantropi dopo un po’ mollano il colpo, lui no. Per questo la sua lotta è eterna, perché lui cerca sempre di creare questi contatti ma fallisce sempre. Le persone che conosco veramente misantrope – ne conosco molte – non sono interessate, hanno smesso di provarci, sono cinici riguardo alla famiglia in un modo in cui Wilson non sarà mai.”

Attraverso una settantina di pagine/storie [le prime pagine: 1, 2, 3] vedremo Wilson padre, marito, amante, nonno, figlio, direi praticamente in tutte le sfaccettature, compreso un passaggio in carcere, e in tutta la sua follia. Amante di un simpatico cane, che probabilmente è davvero l’unica creatura autenticamente amata oppure alle prese con la sua ex moglie, da cui venne lasciato una quindicina di anni prima, per un surreale rapporto. Umorismo nero, molto nero. Un po’ deprimente a volte ma straordinariamente umano nella sua cattiveria o intolleranza verso tutto ciò che giudica incomprensibile.

Lui si aspetta sempre il meglio da ogni situazione. Comincia sempre pensando, “Tratterò questa persona come se fosse il mio migliore amico, siamo tutti compagni nello stesso mondo.” Poi la più piccola cosa lo indispettisce e a quel punto diventa sprezzante e spocchioso. Vuole che tutti capiscano esattamente quello che prova, e se non lo capiscono lui non vuole addolcire nulla. Vuole che le persone lo accettino per l’orrenda persona che è. C’è qualcosa di ammirevole in lui, in fondo.

Un prezzo decisamente eccessivo, che fa arrabbiare visto che si legge in brevissimo tempo e forse non il miglior Clowes. Un po’ lontano dai livelli di un Ghost World, ma onesto e piacevole da leggere. Sarà che questo tratto un po’ pop e molto anni 50 a me personalmente affascina e diverte. O forse più semplicemente, visto il mio stato emotivo, nulla poteva essere più deprimente di tornare a lavoro.
Spero che la gente lo trovi divertente guardando le singole pagine. Ovviamente non tutte le strisce sono pensate per far ridere, ma molte di loro lo sono.

Posted in fumetti.

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One Response

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  1. l'intelligente says

    vediamo se funziona o si c’hai la censura dentro..