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L’invenzione di Palermo

Ho conosciuto Giuseppe Rizzo, autore de L’invenzione di Palermo, prima di leggere il suo libro. Insieme al mio radio-socio lo abbiamo intervistato e mi è risultato così simpatico che la notte stessa ho cominciato questo divertente romanzo, ambientato in una città a me completamente sconosciuta, Palermo, “la città che Dio ha inventato perché si annoiava”.

E l’impressione che mi ha dato Giuseppe, di simpatia spontanea, è rimasta intonsa nelle pagine di questo libro, che vede protagonista una quindicenne, Annina Tirone, che vive insieme alla sua famiglia nelle baracche di Fondo Picone, in un ambiente di sotto-proletariato urbano, tutt’ora esistente. Un romanzo surreale, grottesco e divertente, scritto in un linguaggio inventato e rielaborato, giocando con termini e parole, che fanno della quindicenne Annina, una piccola Alice che invece di muoversi nel paese delle meraviglie, agita e sopravvive nel paese dei disperati.

“In questo inferno, si svolge la vicenda di Annina Tirone e della sua
famiglia. Sparata la madre, l’unica cosa legale di quell’armata
brancazozzone, sarà lei, stivaletti rossi e parolacce sempre in bocca, a
tirar fuori dai guai la sua famiglia in una corsa scoordinata e
sognante contro tutto e tutti, una corsa con le mani a terra e i piedi
per aria, un fuoco d’artificio pieno di fatti cose nani elefanti mostri
munnizza e asfalto.”

Rizzo è bravo e giovane anzi direi giovanissimo in confronto a me, è siciliano ma quando parla ha l’accento sardo! Ma soprattutto il libro funziona, dalla prima all’ultima pagina, scorrendo via tra un porcaminchiabuttanazza e una turbominchiazzata, regalando una Palermo verosimile, di disperati, di dignità zero, di politici e mafiosi accompagnati da scimuscimmie, di baracche ma anche di odori, rumori e colori, che sono poi caratteristici del profondo sud; il tutto condito da un linguaggio sperimentale e originale che probabilmente sono la novità che più incide in questo romanzo.

Un libro che consiglio di leggere, vi occuperà un pomeriggio al mare o al lago, vi farà ridere e vi accarezzerà come una favola neorealista e consiglio anche di ascoltare la sua intervista (nella seconda parte della trasmissione) e mi congedo con ciò che Giuseppe pensa di noi blogger: Il meccanismo tanto deprecato dei reality vale anche per i blogger.
Aprire un blog, che parli magari di letteratura o teologia, non rende
più intelligenti, spesso è solo la gabbietta in cui la scimmia mangia le
sue noccioline e pretende che gli avanzi siano critica o, peggio,
letteratura.

Ahaha mi sa che ha proprio ragione! Vi saluto dalla mia gabbia.

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