La Strada non è un semplice romanzo, questo appena letto è un autentico capolavoro.
Regalatomi a sorpresa da Storto (daje Fà daje!), annoverato tra i romanzi del genere fantascientifico, le oltre 200 pagine del libro di McCarthy sono un viaggio verso una fine o un nuovo inizio, un tramonto o l’alba di una nuova era, dopo che un non meglio precisato disastro o guerra nucleare ha completamente distrutto il pianeta, riducendolo a un ammasso di cenere, grigio e con un pallido sole.
Qui si muovono un uomo e il suo bambino, su la strada che dal centro dell’america dovrebbe portarli verso sud, un sud che dovrebbe liberarli dalla morsa del gelo e regalargli un po’ di speranza. Intorno a loro, un mondo inanimato, una natura morta, arsa dagli incendi, un paesaggio infernale, attraversato da altre bande di disperati, predoni o zombie alla Romero. Morti che camminano, lo sono anche i due protagonisti, legati da un amore che va l’oltre il rapporto padre/figlio, da un’empatia indissolubile. Straordinari sono i dialoghi dell’autore che disegnano una tenere quotidianità tra i due nel mentre tentano disperatamente di sopravvivere. Un quotidiano semplice, fatto di attenzioni e parole non dette, di coraggio e paura che si fondono disperatamente ogni fredda notte, ogni volta che superano una collina o che vanno in cerca di cibo.
Splendida è la descrizione del paesaggio attraversato, brutale e violento, arso e desolato, come un deserto più di un deserto, perché se le distese di sabbia prima o poi terminano o regalano un’oasi, questo di McCarthy no.
E’ una lenta caduta, inesorabile verso una morte certa, tenendo una moralità che poco si lega con la disumanità che li circonda; non esistono più regole, anche il cannibalismo è un’arma per la sopravvivenza, per tutti, tranne per loro due. Loro sono i “buoni” come ripete il padre al bambino, per infondergli coraggio e speranza, a lui come a se stesso. “Esistono altri buoni da qualche parte?” si chiedono spesso visto che tutto c’ho che li circonda non da loro speranza. Una domanda che rimane per tutte le pagine di questo romanzo, bello, bellissimo, intenso, visionario, come pochi, la cui risposta sarà, forse, svelata solo nelle ultime pagine.
“Nessuna lista di cose da fare. Ogni giornata sufficiente a se stessa. Ogni ora. Non c’è un dopo. Il dopo è già qui. Tutte le cose piene di grazia e bellezza che ci portiamo nel cuore hanno un’origine comune nel dolore. Nascono dal cordoglio e dalle ceneri. Ecco, sussurrò al bambino addormentato. Io ho te”.
Stai diventando letterario. Attento 🙂