Il mio socio – ogni tanto – ha ragione. Non scrivevo da queste parti da maggio, siamo ad agosto inoltrato e direi che è una bella dimostrazione di costanza e attaccamento alla maglia, tant’è che appunto il socio di cui sopra, con il suo savoir faire, mi ha fatto notare la cosa, intervallando il tutto da gentili espressioni in dialetto romanesco e affermazioni piuttosto perentorie sulla moralità mia e di tutta la mia genia.
Premessa: quest’estate ho letto veramente poco e in maniera distratta, vuoi anche la carenza di novità editoriali in grado di solleticare i miei appetiti.
Uno dei pochi libri letti quest’estate è stato il nuovo libro di Fulvio Ervas (per la prima volta senza la collaborazione della sorella), già letto nell’ottimo “Pinguini arrosto“, edito- come quest’ultimo “Buffalo Bill a Venezia” – dai tipi di Marcos Y Marcos.
Ci troviamo a navigare come al solito (forse non so più leggere altro) nelle acque del noir e del giallo e mi sono tirato un’imbeccata da solo, perchè l’ambientazione è quella della città che ha fatto sull’acqua la sua storia: Venezia, la Serenissima: vengono trovati annegati una serie di turisti stranieri in una delle città che campa di più sul turismo, e tocca all’ispettore Stucky indagare su queste morti, attirato da Treviso – dove è di stanza – alla sua città dall’antico collega Scarpa.
Le morti sembrano tutte accidentali, date dall’alto grado alcoolico raggiunto dalle vittime e dalla scivolosità di calli e canali, ma l’ispettore Scarpa non ne è convinto e – con l’inganno – riporta a Venezia Stucky, vecchio collega di pattugliamenti notturni sulla Laguna.
Fra finti indizi disseminati ovunque, vecchie zie un po’ picchiate, indagini parallele (i sottoposti di Stucky devono nel frattempo indagare sull’omicidio di una prostituta cinese a Treviso) e misteriose lettere ai giornali locali toccherà – controvoglia – all’ispettore mezzo veneziano e mezzo persiano sbrogliare il bandolo della matassa.
Già in Pinguini Arrosto l’ambientazione nordestina e provinciale era resa scintillante da una serie di personaggi surreali (a partire dall’ispettore stesso) e da una scrittura rapida e brillante, che rappresentano il vero punto di forza di un libro fresco, estivo, pieno di “attori non protagonisti” simpatici e a tratti esilaranti (memorabili i compagni di ospedale dell’ispettore), senza grossi spargimenti di sangue o violenze efferate ma piuttosto una metafora della difficoltà di incontro con “l’altro” nelle città moderne.
Venezia è resa in maniera impeccabile da un autore nato proprio nell’entroterra veneziano, le descrizioni sono precise senza eccedere in dovizia di particolari, Stucky e la sua banda sembrano usciti da un film con Gene Wilder, la scrittura è godibile come un bicchiere di vino bianco ghiacciato dopo una giornata in spiaggia per un piccologrande giallo da portarsi sotto l’ombrellone.
Ah, Buffalo Bill è davvero stato a Venezia, nel 1890, durante una tournèe con il Buffalo Bill Wild West Show: trovate info qui.