Per il mio compleanno sono stato sommerso da libri, un po’ perchè amici e amiche mi conoscono bene e un po’ perchè sono pigri. Ben 12 sono stati quelli raccolti, il che significa che nelle prossime settimane invaderò questo blog di recensioni ma soprattutto dovrò sottrarre del tempo alla mia (poca) attività sociale per dedicarmi alla lettura.
Il primo libro che ho preso in mano e che ho letto in poche ore è Coltrane, “graphic jazz novel” edita dalla Black Velvet (mi piace sta casa!) e disegnata da un autore italiano Paolo Parisi. Un libro non facile da trovare, regalatomi da chi conosce molto bene i miei desideri (per fortuna eh!), piacevole compagnia in bianco e nero delle ultime notti.
Conosco Coltrane, ho diversi suoi cd ma sono completamente ignorante riguardo il jazz (se me leggesse Pino!) e questo libro è una occasione per avvicinarsi in modo delicato, non solo a uno dei migliori sassofonisti di tutti i tempi ma soprattutto ad un ambiente e ad una cultura ai più sconosciuta.
E’ un autobiografia, fatta di frammenti, episodi, immagini e suoni, strutturata in maniera disordinata, saltando avanti e indietro nel tempo, ma che riprende la composizione la sua opera più famosa: A Love Supreme; visto che è suddivisa in 4 capitoli: Acknowledgement, Resolution, Pursuance e Psalm,
Attraverso queste pagine troveremo alcuni personaggi chiave della vita di Coltrane (e del Jazz) come Monk, Ellington, Miles Davis, Eric Dolphy (etc etc) e le sue donne Naima e Alice. C’è l’eroina, di cui è stato per lunghi tratti della sua vita dipendente; c’è il significato dell’essere nero afroamericano nella america degli anni 50/60, attraverso Malcolm X, le Black Panthers o quelle merde del KKK.
Un libro delicato, da leggere mentre si ascoltano i suoi dischi, dal tratto convincente e essenziale ma che è lontano dalla struttura della classica autobiografia. Anzi direi più che altro che si tratta di un tributo da, credo, un suo fan a colui che più di ogni altro ha cambiato il jazz rendendolo sia musica colta che popolare.
Non c’è mai fine. Ci sono sempre dei suoni nuovi da immaginare, nuovi sentimenti da sperimentare. E c’è la necessità di purificare sempre più questi sentimenti, questi suoni, per arrivare ad immaginare allo stato puro ciò che abbiamo scoperto. In modo da riuscire a vedere con maggior chiarezza ciò che siamo. Solo così riusciamo a dare a chi ci ascolta l’essenza, il meglio di ciò che siamo.