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L’inattesa Piega degli Eventi

Raccogliendo l’invito del mio “socio” nonchè compare di scorribande calcistico/politico/esistenziali che si svolgono nel ristagnante sottobosco del “movimento” italiano mi cimento anche io nel recensire qualche libro.

Due premesse, fondamentali:

1. ho delle crisi di acquisto maniaco compulsivo di libri. Spesso mi infilo a cercare reminder improbabili o prime edizioni su “giallo mondadori” di autori poi diventati trendy.

2. lavoro saltuariamente per una libreria.

Tutto ciò provoca dei terribili scompensi al mio portafoglio e agli scaffali della mia camera.

Comunque.

Prima entrata per la mia scrittura che avrà dei ritmi disordinati per il nuovo libro di Enrico Brizzi.

L’avevo lasciato – dopo aver letto in piena adolescenza con conseguente esplosione ormonale le avventure di Alex e Aidi e aver un po’ invidiato il protagonista maschile della storia per quanto era cool – alla xy pagina di Bastogne, quando veniva nominato un concerto dei Nabat. Poi avevo chiuso il libro senza finirlo: lo trovavo sciatto, traballante.

Fino a quando in una scorribanda in libreria vengo attirato dalla copertina dell’ultimo lavoro di Brizzi Enrico da Bologna [città alla quale è molto legato, tanto da etichettare il suo sito con un eloquente “made in Bologna – ogni casa una fucina”]: 8 disegni di calciatori dalle maglie pittoresche e di sapore decisamente retrò, il tutto su edizione con copertina rigida, che io detesto.

Mi ballano quel 19 euro circa in tasca e acquisto, curioso delle premesse: 1960, in Italia il fascismo ha vinto la guerra, schierandosi contro Hitler e mantenendo le colonie. Un giovane giornalista, Lorenzo Pellegrini, viene mandato in Africa Orientale per seguire le partite della “Serie Africa”.

Qui si trova a vivere le tensioni fra le squadre del regime, come i neroarancio del Birra Venturi Asmara o dell’Audax [pesantemente favorite dagli arbitri] e i simboli di riscatto per gli antifascisti esiliati e per gli indigeni, come i fantastici “Pigiama”, ovvero il San Giorgio Adis Abeba e il Garibaldi, in maglia rossa, il tutto su un rettangolo di gioco che tante volte vuole dire più che una semplice partita. Se le squadre fasciste schierano solo giocatori bianchi, nelle squadre avverse al regime c’è un po’ di tutto: indigeni, italiani a fine carriera, allenatori jugoslavi, ali inglesi, olandesi delle Antille, in un libro dove l’ucronia creata si fonde con la cronaca sportiva di un campionato pioneristico, una geografia dell’esotico affascinante e tutti gli elementi che creano un’epopea popolare che ci spinge a farci qualche domanda sugli angoli scuri della storia italiana, dove quelli che sarebbero considerati criminali di guerra sono – tuttora – “eroi” per aver bombardato con armi chimiche le popolazioni africane [un esempio prettamente orobico: Antonio Locatelli, gassatore di etiopi e triplice medaglia d’oro al valor militare].

Sarà il periodo [anche Lucarelli parla della storia coloniale italiana nell’ultimo suo romanzo], sarà che lavoro con tanti ragazzi etiopi, somali ed eritrei, ma finalmente quella storia rimossa viene fuori anche grazie ai narratori: Brizzi scrive un romanzo molto godibile, avvincente e per certi versi salgariano, eppureche ci da dei rimandi sulla condizione attuale dell’Italia, partendo dallo spaccato di una Serie Africa molto combattuta che porterà la squadra vincitrice a giocare il Torneo delle Sette Repubbliche a Roma, fra intrighi politici ed economici e tensioni culturali e interrazziali.

Fra personaggi pittoreschi come l’ala destra Ermes Cumani, la controcultura giovanile che si appoggia molto alla cultura rastafariana, un duce in punto di morte anche il giornalista dovrà farsi qualche domanda e prendere parte, schierarsi, per un romanzo che sto letteralmente divorando nonostante le 518 pagine.

Oltre a un magnifico desiderio di giocare con la geografia, la storia ela cultura, il mondo alternativo di questo romanzo risponde al bisognodi confrontarsi con l’Italia odierna e le sue immediate radici.L’Italia fascista e coloniale degli anni ’60 di Brizzi è davvero tantodiversa dall’Italia democratica dei nostri anni ’60, di questo terzo millennio? La risposta sembra essere negativa. [dalla recensione di Wu Ming 2]

Posted in fantasy, sport.

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