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2084 La fine del mondo

Potrei risolvere la recensione di “2084 – La fine del mondo” di Boualem Sansal ripetendo quel che hanno scritto tutti cioè che questo romanzo di fantascienza è il 1984 di George Orwell fosse stato musulmano e contemporaneo. Del resto che l’autore algerino abbia a riferimento il più famoso romanzo distopico mai scritto non lo nasconde affatto. Anzi. Oppure potrei sbrigarmela dicendo come ho letto “la prosecuzione di Sottomissione di Houellebecq ma ancora più duro e crudo” ma banalizzerei tutto, banalizzerei anche le sensazioni, trascurerei anche la fascinazione che ho subito leggendo l’assurdo mondo dell’Abistan.

«Non mi fido di lui [Houellebecq ndr] perché è comunque islamofobo. Alla fine del suo intervento televisivo in cui ha parlato del mio libro, ha detto che se avesse scritto oggi “Sottomissione” sarebbe molto più duro».

Il mondo immaginato da Sansal si chiama Abistan non un paese ma un mondo intero, dove si parla una lingua chiamata abilang, che come quella di Orwell ha cancellato tutte le lingue precedenti, così come è stata cancellata ogni traccia con le civiltà precedenti. La data dell’inizio o della fine a seconda della prospettiva è una data misteriosa a cui nessuno riesce a dare una spiegazione: il 2084, data che rappresenta la “grande guerra” contro “i miscredenti” e la nascita di un regno che ha nella sottomissione obbligatoria alla volontà del Yölah e al suo rappresentante in terra, il profeta Abi, il fulcro di tutto.

“La grande sventura dell’Abistan era il Gkabul: offriva all’umanità la sottomissione all’ignoranza santificata come risposta alla violenza intrinseca del vuoto e, spingendo la schiavitù fino alla negazione di sé, le rifiutava la rivolta come mezzo per inventarsi un mondo a propria misura che perlomeno l’avrebbe preservata dalla follia generale. La religione è proprio la cura che uccide”.

Quindi che romanzo è quello di Sansal? Un romanzo che a mio avviso funziona. Un romanzo che contrariamente a quel che ho letto in una recensione sul Manifesto “un romanzo di formazione per i neo-conservatori francesi, e di rimando anche per quelli italici, che vedono nell’opera di Sansal un proseguo del discorso fallaciano” a me è sembrato più il grido più o meno disperato di un uomo, di fede islamica, che vede il suo mondo radicalizzarsi mentre con la scusa del Corano e di una nuova guerra santa se ne combatte una intestina nello stesso islam tanto quanto verso quei paesi che attraverso il colonialismo hanno schiacciato e riportato indietro i paesi arabi. Ed è un romanzo di fantascienza che a me onestamente è piaciuto. Se la prende con i totalitarismi religosi e il discorso è tranquillamente sovrapponibile anche alle altre religioni monoteiste. Ha ritmo, fascinazione e una struttura godibile; diviso in 3 parti: una lenta introduzione, una parte centrale d’azione e scoperta e una parte finale in cui l’autore fa i conti col passato e il presente dell’Abistan. E nonostante sia vero che le destre neo-con o teo-con attraverso romanzi del genere possano trovare linfa per la propria retorica islamofoba non dimentichiamo che nell’immaginario neofascista anche Tolkien era “un camerata”.

 

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