Stanotte sono stato risucchiato dal buco nero, dal Black Hole di Charles Burns, in un viaggio onirico inquietante, da togliere fiato e sonno. E pensare che mi ero messo a letto, dopo essermi assopito sul divano, pensando di solo cominciarlo, così senza pretese.
E invece ho finito a notte fonda, fumandomene un altro paio, avendo tra le mani un fumetto di 350 pagine, che magari non è un capolavoro ma è davvero molto molto bello. Una storia allucinante, vagamente autobiografica, su un gruppo di adolescenti dei primi anni ’70 (si intuisce solo dai dischi di Bowie), disegnata splendidamente, usando un bianco e nero in cui sprofondare.
Uno strano virus colpisce questo gruppo di giovinastri, di una provincia americana o di un sobborgo cittadino; un horror generazionale che ha per tema le inquietudini adolescenziali. Il virus inteso come la “malattia dell’adolescenza”, il sentirsi inadeguati o non-integrati, tra sesso e droghe, le paure incalzano diffondendosi in maniera capillare fino a colpire praticamente tutti. L’ansia del crescere, del diventare adulti, il corpo che muta, l’esclusione che va a colpire i “contagiati”. Tutti temi che l’autore affronta attraverso delle atmosfere che generano inquietudine, magari angoscia, come quella che provano e vivono i protagonisti.
Scritto in 9 anni e raccolto in questo bel volume della Coconino che ho avuto la fortuna di trovare scontato al 50%, è un fumetto, è arte, visionaria e figlia del fumetti anni 60/70 a cui Charles Burns, autore icona e del fumetto underground e non americano, è una lettura che consiglio vivamente. Forse l’averlo scritto in tutto questo tempo ha creato una confusione narrativa e una discontinuità, ma alla fine tutto torna, più o meno. Per stomaci magari forti e poco impressionabili, ma se è piaciuto a me, che trovo l’horror piuttosto noioso, credo che possa piaciere a molti.
Non vi sorprendete se alla fine della lettura pensate che non ci avete capito nulla. In fondo anche i sogni spesso e volentieri inizialmente sembrano indecifrabili; prendetelo come uno di questi e piano piano la nebbia si dirada, insieme a quella leggera angoscia che Black Hole provoca.
E’ semplicemente un capolavoro. Termine che uso con grande parsimonia, di solito.
bella proposta…ma vorrei capire ,l’acqua che ruolo svolge?? e che impressione di Seattle viene data?…spero di avere a breve una risposta …grazie 😀