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Dove finisce Roma

 Non mi era mai successo di avere così tante difficoltà nel cominciare a scrivere una recensione. In fondo questo mio raccontarvi le letture è un gioco e nessuno mi paga (“e te credo” penserete voi) dunque non dovrei avere neanche “l’ansia da prestazione”. Infatti non è neanche questo.
Credo che “Dove finisce Roma” di Paola Soriga non è soltanto un bellissimo romanzo d’esordio, in questo libro di 140 brevi pagine c’è tanta ma tanta roba.

 
“Spiegare che l’antifascismo era per natura, per senso di giustizia, di solidarietà”.

La protagonista è Ida, arrivata a Roma da ragazzina poco prima dello scoppio della guerra. I giorni in cui è ambientato il romanzo sono quelli precedenti la Liberazione della città, giorni in cui Ida, diventata staffetta partigiana “perché era naturale esserlo”, si nasconde in una delle tante cave romane per sfuggire alle truppe tedesche. Giorni di ricordi, di solitudine, in cui presente e passato si mescolano magistralmente attraverso quel continuo passare dalla prima alla terza persona, senza mai disorientare.

Sorretto da una scrittura scorrevole, circolare tanto da sembrare musicale, come il canto sottovoce nella cava per allontanare solitudine e paura, il romanzo ambientato nella Resistenza racconta una Roma ormai sparita, più nella memoria che nell’urbanistica. La Roma dei quartieri che da una decina d’anni vivo e frequento, che vanno da Centocelle, passando per la Casilina fino al Nido di Vespe: il Quadraro. Splendida ambientazione fedele e poetica, che rende il romanzo di Paola prezioso e che dimostra che non bisogna per forza essere cresciuti in un luogo per sentirne l’appartenenza.

Metteteci poi che la storia di Ida non è soltanto una storia di Resistenza ma anche di migrazione e di donne. Una storia simile vissuta da migliaia di persone e qua arriva l’assonanza con la storia di mia madre, della profonda Sardegna ai confini con la Barbagia, arrivata a Roma nei primi anni 50 ancora minorenne. Una storia di cordoni familiari recisi, di nostalgie, del dover crescere in fretta e per diventare donne. Per che Dove finisce Roma è anche una storia di donne, quella di Ida ma anche quella della sorella Agnese, delle sue amiche Micol e Rita, e delle tante donne che abitano quella periferia sterminata fatta di casette, case e campagna. Tanta campagna.

Ve l’avevo detto che c’era tanta roba e sappiate che potrei continuare a parlarvi degli spunti o delle cose che attraversa Paola in questo romanzo. Potrei dirvi ancora che è anche un romanzo di formazione, visto che Ida racconta se stessa da quando lasciò la Sardegna e aveva “i capelli neri e diritti e la pelle di un’oliva, i suoi giorni erano stati tutti dentro il paese” fino a ritrovarsi in quella cava buia e lì incontrare l’uomo di cui era innamorata e che pensava fosse quello della sua vita.

Potrei andare avanti ancora nel raccontare. Pensavo proprio ora che mi piacerebbe leggere una recensione di Portelli o di Ascanio Celestini, coloro che hanno meglio narrato le storie da cui attinge l’autrice: dalle Fosse Ardeatine, passando per il rastrellamento del Ghetto, fino a quello del Quadraro. E qui che subentra nuovamente la bravura di Paola. Raccogliere tutto questo e metterlo in un contenitore di emozioni e di sensazioni, oltre alla voglia di voler nuovamente raccontare la tanto bistrattata Resistenza, la cui opera di vilipendio di ingiuria da parte dei “pacificatori” è quotidiana e avviene sotto gli occhi di tutti.

E poi è bello che una donna di 32 anni abbia voluto ambientare un romanzo nella Resistenza. E’ bello leggere queste cose ed è bello sapere che c’è ancora un legame, forte, anche nelle nostre generazioni nate almeno 35 dopo la fine della guerra. Non è solo bello ma anche molto importante. Ci fa sentire che possiamo resistere a tutto, anche a questi anni di merda.

 

PS

Questa sera (lunedì 12/03)  dalle 21 su Radio Onda Rossa ospiterò Paola Soriga a Tabula Rasa. Per lo streaming cliccate quì. Se qualcuno noterà il fatto che ho chiamato spesso l’autrice per nome non è soltanto perché ci conosciamo attraverso il fatto che abbiamo alcuni cari amici/che in comune o perché frequentiamo a volte gli stessi posti. Ma più semplicemente perché è una familiarità che rimane dalla lettura del romanzo stesso. Merita parecchio perché Paola Soriga ha talento, ma non voglio dirlo troppo. Il romanzo ha avuto subito un riscontro molto ma molto positivo e non vorrei contribuire anche io all’aumentare delle aspettative per chi avrà voglia di leggerlo! Posso solo dire che ne vale la pena. Poi fate vobis.

PS 2

Cavolo mi sono dimenticato anche i complimenti a chi ha scelto la copertina ma soprattutto all’autore Emiliano Ponzi. E’ molto bella. L’avevo detto io che c’era troppa roba e anche ora mi stanno venendo in mente cose che non ho scritto. Meglio chiudere, il resto lo racconteremo a voce.

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