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Colpo al cuore

 Ho letto questo libro per curiosità non perché mi aspettassi qualcosa di importante o particolarmente interessante. La molla è stata una presentazione a Tabula Rasa, da parte dei miei soci di trasmissione, il fatto che non l’abbia pagato e il leggere come ricostruiva Nicola Rao, giornalista di destra, la storia delle torture in Italia nei confronti dei militanti politici.

Il libro parla essenzialmente degli ultimi anni della storia delle BR e soprattutto del sequestro Dozier, gli arresti e il pentitismo. I protagonisti sono Salvatore Genova e il Prof De Tormentis da una parte e Antonio Savasta, capocolonna romana BR, arrestato in seguito al sequestro e le cui confessioni fecero arrestare decine e decine di persone.

La storia delle torture nelle carceri, tra la II metà degli anni 70 e i primi anni 80, è una storia che lentamente affiora. A dire il vero i protagonisti anzi le vittime delle torture già all’epoca denunciarono le violenze inaudite fatte col placito consenso del Ministero degli Interni. Uno, come Enrico Triaca fu condannato per calunnia come racconta lui stesso a Tabula Rasa e che vi consiglio di ascoltare se avete intenzione di approcciarvi a questa storia.

Io non entrerò nel merito delle cose raccontate ma semplicemente proverò ad analizzare alcune riflessioni fatte mentre lo sfogliavo:
il libro ha un tono assolutorio nei confronti delle torture e delle violenze perpetrate scientificamente dalle forze dell’ordine, che andavano di pari passo con carceri e leggi speciali. Ovvio che da parte di un giornalista ci si aspetta un tono diverso nel ricostruire la storia e non dico nell’analisi. Alcuni commenti, gli aggettivi e le parole usate dall’autore non ne fanno un testo particolarmente interessante e non solo perché Genova viene descritto come l’eroe che sconfisse le BR e il prof torturatore una specie di Mr Worf risolvo problemi. Sì ok, Rao comincia a raccontare una storia per troppi anni tenuta nascosta, quella delle torture appunto. Raccontano della “squadretta” di De Tormentis, celandone il nome del professore in tortura: Nicola Ciocia. Scelta al quanto discutibile visto che è già affiorato ma soprattutto perché in un contesto di ricostruzione storica non si possono omettere i nomi dei protagonisti. Di sicuro, un altro elemento importante che emerge tra le righe è che il chiamare questa squadretta per il lavoro sporco era stato deciso anzi voluto espressamente dallo Stato per mano dell’Ucigos. Che poi nelle carceri o nei commissariati si continui a morire per le violenze poliziesche, connota qual è la reale natura della repressione in Italia e la conseguente gestione degli apparati. Senza dover per forza ritirare fuori le torture alla caserma Raniero (Napoli 2001) o Bolzaneto e Diaz (Genova 2001).

Per farvi capire, quanto Nicola Rao sia schierato dalla parte dello Stato e quanto riesca a liquidare alcuni nodi piuttosto compremettenti basta andare a leggere il passaggio sull’estremista di destra Giorgio Vale “suicidato” dalla Polizia durante una sparatoria. Essendo uno dei “suoi caduti” mi sarei aspettato, non dico una sensibilità diversa, ma neanche il cavarsela con un “i gruppi di estrema destra accusarono la polizia che Vale fu assassinato. La Polizia respinse ogni accusa e parlò di un conflitto a fuoco”. Beh non bisogna essere dei geni per capire che se un uomo si barrica in un appartamento e ne nasce un conflitto a fuoco, se il “barricato” viene ritrovato con un colpo in testa sparato da pochi centimetri, a casa mia si chiama esecuzione. Stop.

L’altra cosa è la testimonianza e la lettura di quegli anni da parte di Antonio Savasta, illustre pentito, che insieme a Patrizio Peci, probabilmente furono coloro che contribuirono a smantellare le BR. Bene anche qui non voglio troppo entrare nel merito eppure c’è qualcosa che non capisco che infastidisce leggendo. I percorsi delle persone, cosa ti porta a fare determinate scelte, è un qualcosa di terribilmente complesso. Molto. Però non capisco come si possa essere per anni parte di un qualcosa, in questo caso un’organizzazione politica che prese parte alla lotta armata, per poi cedere di schianto e pentirsi. Mi sfugge, problema mio. Non capisco come si possa decidere una volta che si viene arrestati, che quella lotta, siccome non ci ha più per protagonisti, non deve essere più combattuta. Bisogna porne fine. Mi sembra un po’ come quando da regazzini si giocava a pallone e il padrone della palla, magari perché battuto o eliminato, se la riprendeva decretando che non si giocava più.
Tanto che in alcuni passaggi Savasta, che ora vive da qualche parte avendo fatto parte del programma protezione testimoni, è a dire il vero patetico. Io non vorrei mai stare al suo posto. Si può cedere sotto le torture, ma se ritieni inaccettabile e ti penti per aver ucciso delle persone, non puoi decidere di condannarne decine di altre, molte anche tue amiche o compagne. E’ qualcosa che non riesco a comprendere. Poi magari discutiamo di lotta armata e il resto della storia e non è questo il posto giusto per farlo.

Ah il libro in questione si chiama Colpo al cuore e l’autore è Nicola Rao, appunto.

Ah 2 vi consiglio di accompagnare una eventuale lettura, ma non spendete neanche 1 euro con:

Tabula Rasa dove i protagonisti di quegli anni, raccontano.
Alcuni spunti sulle torture negli anni 70 nel blog di Baruda.
Su Nicola Ciocia alias il Prof De Tormentis.

Posted in Generale, saggistica.