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Già noto alle forze di polizia

 Ok sono lento ultimamente. Mi ripeto nuovamente in questa mia lamentela ma è la verità. Già noto alle forze di polizia di Dominique Manotti l’ho terminato una settimana fa, dopo averlo letto in pochi giorni. Infondo non è i Fratelli Karamazov.

Parigi e la sua banlieue, poliziotti corrotti e politiche securitarie, per (forse) il romanzo più politico dell’autrice francese, che con la sua essenzialità e la sua schiettezza, non lascia niente al caso.

Le Muir, efficace, attacca subito: “Parto dalla realtà che conosco da cinque anni: i ghetti esistono ed esisteranno ancora a lungo. È una constatazione. Noi poliziotti non li abbiamo voluti, non li abbiamo costruiti, ma dobbiamo gestirli e imporvi l’ordine pubblico. Come fare? Innanzitutto, bisogna conoscere le specificità e adattarvisi.
Prima regola: nei ghetti, il potere non si fonda sul diritto, ma sulla forza. La nostra polizia dev’essere percepita, prima di tutto, come detentrice legale della forza. Forza che noi esibiamo sistematicamente.”

Le Muir è la capa del commissariato di una delle tante Banlieue che circodando Parigi. Da queste parti direbbero “che assediano” ma questa è un’altra storia. Il passaggio appena descritto riassume in poche righe l’essenza del libro e delle politiche securitarie. Non è più il 2005, quando centinaia di giovani si rivoltarono alle forze dell’ordine ma nulla rimane pacificato. D’altronde se le politiche poliziesche e governative sono queste, non può assolutamente migliorare nulla.

La Manotti ci regala un libro veloce da leggere. Pungente. Forse poco sostenuto da una trama che non mi ha particolarmente convinto. Schegge di polizia assemblate per regalare un quadro completo e nessun particolare mistero dove sbattere la testa. La quotidianità dei ragazzi di periferie che fronteggiano la repressione delle forze dell’ordine viene presentata senza fare sconti a nessuno. Ma del resto la Manotti non fa mai sconti. E probabilmente è questo che ci piace. Zero fronzoli, zero poesia. Qualcun dice o scrive che sarebbe l’anti-Vargas, considerazione che onestamente fa molto ridere. Lontane per stile e tematiche. Due mondi diversi che usano lo stesso linguaggio, la scrittura. E non mi fate dire chi preferisco, lo sapete già.

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