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Radiazione

Era un po’ che non faticavo tanto nel finire un romanzo. Ci sono riuscito, un po’ per obbligo e un po’ perchè ero curioso, ma queste 500 pagine che vanno a comporre Radiazione del debuttante Stefano Jorio non sono proprio una passeggiata.

Lunedi sera, dunque un paio di notti prima della conclusione del libro, ho avuto anche l’occasione per intervistare Jorio durante la trasmissione radio che faccio insieme a un altro (dalla dubbia moralità) ogni 15 giorni sugli 87.9 di ROR. Ed è stata una chiacchiera simpatica, con un autore dall’ottima parlantina che è venuto a raccontarci l’idea di fondo e la costruzione del romanzo stesso.

Ma tornando a Radiazione, uscito solo pochi mesi fa per la Minimum Fax, sempre attenta agli esordienti, mi sono trovato di fronte a un romanzo, dal vago sapore kafkiano con tinte noir, scritto con accuratezza ma che riesce soltanto a metà. La storia è narrata in prima persona dal protagonista, un trentenne che vince il concorso per entrare a lavorare nella Sopa, la società che si occupa di opere d’arte per il ministero degli esteri. Un amico teologo con cui ha avuto una storia d’amore. Una donna di cui si innamorato poco prima che entrasse a lavorare al ministero. Un ragazzo che vive la propria precarietà con dignità e forza. Quello che sembrava un noioso lavoro d’ufficio diventa un intreccio spaventoso di poteri forti, dipendenti subalterni, opere d’arte rubate o quanto meno scomparse, traffico di falsi e sparizione di persone, tra l’enorme palazzone nei pressi dello stadio e il luogo degli intrighi per eccellenza: il Vaticano appunto. Sullo sfondo la Roma di fine agosto, calda, assolata e deserta, tra piazza Vittorio e Via Trionfale. Come ha ammesso durante l’intervista, lo spunto di partenza è il rapporto e l’esercizio del potere, il servilismo dei sudditi, il malaffare il cattivo gusto, in un paese che si sta lentamente dissolvendo. Una donna che sembra pazza, che si aggira tra i corridoi del ministero, lo condurrà sulla strada giusta.

Il libro parte in maniera piuttosto complessa e lenta, una lentezza che rimarrà dominante per tutto il proseguio, e solo nella parte centrale riesce a fare uno scatto, necessario a dare la spinta necessaria per portarlo a termine, visto che anche il finale rimane lento, troppo lento, tanto da sembrare come se l’autore si fosse perso o impantanato. Come già accennavo buona la scrittura, in alcuni punti forse eccessivamente elaborata, ma sempre ricercata tanto da rimanere probabilmente la cosa migliore.
Forse se non fossi stato motivato dal fatto che avrei dovuto intervistarlo, probabile che avrei rischiato di lasciarlo, tanta è stata la fatica in alcuni momenti, nel portare avanti la lettura.

Jorio ci ha confessato che non sa se nella vita vuol fare lo scrittore e io non so neanche se ha il talento giusto per andare avanti. Probabile che se lo avesse snellito di almeno un 100/150 pagine, ci saremmo trovati di fronte a un romanzo sicuramente diverso e forse anche riuscito meglio.

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