Finalmente ho finito Il Sangue è Randagio, il romanzo che va a chiudere la trilogia Underworld America di James Ellroy, e non è stata una passeggiata. Anzi. Sono quasi 900 le pagine che vanno a comporre questa vera e propria opera che affonda nella storia americana e la taglia di netto in più parti; ci affonda e sprofonda con essa, senza sconti e senza paura.
“Il sangue è randagio parla della necessità di rivoluzione e cambiamento. Rappresenta il momento in cui quelli che sono passati attraverso la merda dal 1958 al 1968 incominciano a parlare di ciò che ha significato quel periodo. Io quello schifo l’ho vissuto. Mi accorgevo di esserci immerso ma: a) fino al 1977 ero troppo stonato, e b) ero un totale emarginato. Non sono mai stato uno da rock&roll: ho sempre preferito la musica classica. Non sono mai stato un pacifista; ero un reazionario pronto a mandarti affanculo.”
E’ stata una lettura lenta e difficile. E’ un romanzo complesso e particolare. Ci ho messo un mese per leggerlo e sono stato tentato dall’abbandonarlo. Le prime 500 pagine sono piuttosto faticose, pare che non decolli mai. La trama gira attorno da alcuni personaggi principali e ad alcuni minori, e sono tanti. Tante sono le storie che si intrecciano, trama e sottotrame che si incrociano creando confusione e la necessità, ognitanto, di tornare indietro di qualche pagine per trovare il punto. Tutto parte da una rapina e tutto finisce con lei. C’è la CIA, l’FBI, J. E. Hoover, Nixon e altri protagonisti della torbida storia americana. Tutto ruota attorno ad alcune donne ma soprattutto ad una: Joan Rosen Klein, comunista ed ebrea.
E’ l’America del ’68, quella sotto schock per gli omicidi di Martin Luther King e JF Kennedy. Quella delle Pantere Nere, dell’autodeterminazione nera e degli scontri razziali. Quella razzista del KKK, delle dittature fasciste nel centroamerica sostenute dai governi USA. In questo scenario si muove l’uomo di Hoover che doveva infiltrare e stroncare il movimento nero, Dwight Holly, il giovane “guardone” Crutch, che si ritroverà in un gioco che mai si sarebbe immaginato, l’ex poliziotto e ammazzaneri Wayne Tedrow, Marsh Bowen, poliziotto nero e infiltrato nel movimento.
American sucks and fucks and better than the rest of the world, come dice Ellroy.
La premessa per un gran romanzo come vedete, c’è tutta fino in fondo. La struttura narrativa nella II parte mi sorprende e mi piace. Però ripeto, ho fatto fatica tanta. Forse troppa carne al fuoco, non so. Di sicuro non tutti gli intrecci reggono fino in fondo. Alcuni si perdono per strada e/ comunque non sono sviluppati completamente. Ho fatto talmente tanta fatica che ho sospeso due volte la lettura per leggere altro. O magari semplicemente non sono all’altezza di questo genere di romanzi eppure a me questo autore piace tanto. E’ l’essenza della narrativa amercana noir.
“Si tratta in sostanza di una storia di cattivi che fanno i cattivi in modo depravato, fino a che non iniziano a sentire una necessità di salvezza, un piccolissimo nucleo di senso morale che poi inizia ad espandersi grazie all’incontro con una donna. La forza delle donne è sempre redentrice, non sono certo le donne che hanno portato il mondo sull’orlo dell’estinzione. E il mio libro parla in definitiva della necessità di essere amati da una donna, poiché cos’altro c’è al mondo?».
Giusto Mr Ellroy, tremendamente giusto.