Finito in una strana giornata al lago di una decina di giorni fa, mi sono astenuto dal recensire un libro sul carcere nelle giornate di contestazione al G8; non era di buon auspicio e dunque ho aspettato a scrivere dell’ultimo libro postumo di Edward Bunker: Mia è la Vendetta.
Perché le 5 storie raccolte in questo libro hanno tutte per protagonista quell’enorme abominio creato dall’uomo: il carcere.
E se c’e’ un uomo che più di altri è riuscito a descrivere l’essenza della vita carceraria, è stato proprio Bunker che di anni ne ha passati 30 nelle peggiori carceri di massima sicurezza, dall’adolescenza fino all’età adulta.
Ed è un peccato che difficilmente leggeremo altro di questo autore, morto nel 2005, capace di descrivere senza enfasi, protagonismo o romanticismi criminali, ma solo attraverso la realtà dura e cruda, il regime carcerario. Di cosa significhi vivere privato della proprio libertà, degli scontri razziali, delle violenze istituzionali, fino all’annullamento sociale del detenuto.
In Mia è la vendetta, splendido il titolo, c’è anche molto di più. E’ uno spaccato della storia americana: c’è la Los Angeles degli anni 20, ci sono gli scontri razziali nelle carceri degli anni 50/60, c’é un George Jackson, icona rivoluzionaria nera, in versione romanzata come chi non si rassegna al braccio della morte ma tenta la fuga insieme ad un altro gruppo di condannati.
E non deve sorprendere la splendida narrativa di Bunker, capace con semplicità e durezza di imporre ritmo ed emozioni pagina dopo pagina. E a rimanerne compiaciuto della lettura ci sono proprio io che ho sempre guardato con diffidenza e noia, i libri che raccolgono storie brevi proprio perchè di quelle stesse storie ne vorresti sempre di più.