Dieci minuti fa ho terminato Un Luogo Incerto di Fred Vargas e vista la mia difficoltà motoria di oggi (le distrazioni su due ruote si pagano sempre) non mi rimane che placare la mia delusione buttando giù subito qualche riga. Un giudizio che parrebbe impulsivo ma che invece è maturato via via che le 400 pagine scorrevano.
E’ un giallo che parte da Londra e che attraversa mezza Europa, che porterà Adamsberg fino in Serbia per poi tornare di nuovo a Parigi. Una storia di piedi mozzati, vampiri dell’ottocento, faide familiari, tra il noir e l’horror, che però non convince ma che lascerà il segno nella “continuity” romanzesca dell’autrice e della sua creatura: il commissario Jean Baptiste Adamsberg.
Eppure il libro parte bene, incuriosisce la storia per come comincia a svilupparsi, prova a spaventare il lettore, lo confonde ma poi tutto rimane troppo inverosimile. Non vi sto a raccontare i dettagli, ovviamente, però dialoghi a parte, che rimangono il pezzo forte dell’autrice, a livello di storia e di trama poliziesca si rimane delusi. Rimangono in disparte il fedele Danglard, l’eroina canadese Retancourt e il vicino di casa Louis, nonostante il promettente avvio, per tenere sempre i riflettori puntati su Adamsberg e l’intreccio che collega alcuni omicidi con altri, apparentemente scollegati. E questa è una grave mancanza visto che sono proprio le “spalle” del commissario a rendere amabili storie, dialoghi e trame. E non sfrutta appieno neanche le potenzialità appena sfiorate dei suoi “protagonisti serbi”, Vladislav e Arandel, perdendo l’ennesima occasione per lasciare il segno anche con questo libro.
La trama poliziesca si affida a degli artefizi che lasciano piuttosto perplessi, non sorprende e anzi forse per la prima volta lascia troppo facilmente intendere che è il o la colpevole. L’autrice si diverte nello scrivere e si avverte, ma forse questa volta non aveva le idee così chiare.. e neanche troppa voglia di divertirsi!
Ahimè perchè comunque la Vargas sa scrivere bene e nonostante le mie critiche il libro scorre piacevolmente. A tratti divertente, sempre intelligente nei dialoghi e nelle descrizioni, non sfrutta a pieno neanche la vena horror-vampiresca che tenta l’autrice, regalandoci un colpo di scena finale che però mi ha lasciato piuttosto perplesso.
Peccato.
Ps: qui accanto a me una sua lettrice ha appena commentato con un “Te l’avevo detto, sta scrivendo troppi libri” e credo proprio che abbia ragione.
Forse la Vargas – in genere bravissima – non doveva mescolare i vampiri ai suoi gialli. L’horror richiede un’altra mano. E un’altra concezione del mondo.I giallisti come la Vargas dovrebbero capire la differnza e lasciare agli scrittori gotici i loro temi.
Una rissa tra Adamsberg che tenta di spalare le sue nuvole e la Vargas che invece lo tira sempre più a terra.
Piacevole a tratti, per lo più si trascina un po’ stancamente. Davvero una delusione 🙁