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Il Leviatano e La Trilogia di New York

In un periodo di stanca per me e il mio socio, pubblichiamo volentieri questa recensione fattaci arrivare dal buon Scarph su due romanzi di Paul Auster: Il Leviatano e La Trilogia di New York. Ringraziamo il prode lettore augurandovi una buona lettura per i prossimi mesi.

Da accanito lettore dei filosofi post-strutturalisti, si sa che fa molto figo mettersi in bocca i concetti di Derrida, Foucault e Deleuze e io sono un amante, piu’ che delle citazioni, dei salotti radical chic della rete, non potevo che sobbalzare alla lettura di due romanzi di Paul Auster (Il Leviatano e La trilogia di New York) fattomi conoscere dal mio pard radiofonico Hektisch….
Entrambi sono delle avventure nel mondo della scrittura e degli scrittori, piu’ che dei romanzi in se’.
Le loro strutture sono molto somiglianti, seppur maledettamente differanti (non e’ un errore di battitura…sono proprio differanti!) ma si sa che plus c’est la meme chose plusa ca change….
Penso che l’immagine ideale per rendere al meglio la prosa di Paul Auster sia quella della macchina de Nella Colonia Penale di Kafka… tutte e tutti coloro che non sanno di cosa stia parlando possono dare un’occhiata qua; questa macchina si preoccupava di incidere direttamente sulla schiena del condannato, il disegno della sua condanna. E, come nella colonia penale, le storie personali sono incise, cesellate, tatuate a sangue dalle parole scritte, dalle singole lettere dell’alfabeto. La scrittura sembra una sorta di maledizione: non si decide di scrivere, si è scritti! Scrivere è un’attività eterodiretta: non si dice mai: “Io scrivo” ma, SI scrive, all’impersonale, perchè la soggettività è irrimediabilmente perduta.
In ogni caso questi due libri di Paul Auster mi sembrano la fedele riproduzione in forma di romanzo della filosofia di Derrida. Ho provato a cercare con google quanti articoli mettono in correlazione lo scrittore americano e il filosofo francese e tutti sembrano preoccuparsi di mettere in chiaro che Paul Auster non ha mai letto Derrida…
Eppure non esiste opera letteraria come questa che mette in scrittura, il rompicapo di ogni esegeta, di chiunque pensi che all’interno della scrittura sia possibile rinvenire le tracce di una realtà autentica, di una qualsivoglia verità, e che la scrittura sia uno svelamento di ciò che si cela sotto le ceneri dei significati. Auster ci dice che lo scrittore non è altro che una lepre nella neve, un Pollicino nella foresta. Lo scrittore è Il soggetto che esiste soltanto nelle tracce che può lasciare al mondo, tra le righe dei suoi testi, nelle storie che vive davanti alla macchina da scrivere. Lo scrittore non esiste nella realtà, esiste solo nell’infinito scorrere delle parole davanti ai suoi occhi.

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