Ancora Walter Mosley, penna cult della letteratura afroamericana, con uno dei suoi romanzi più riusciti: Un bacio alla cannella. L’ho letto quasi tutto nel lungo viaggio di ritorno dalla terra sarda visto che sin dalle prime pagine ti cattura e ti trascina dentro una delle avventure di Easy Rawlins, detective nero e protagonista di diversi romanzi dell’autore.
Quando i due agenti – bianchi, alti uno e ottanta e tanto simili da sembrare fratelli – si avvicinarono alla cabina, ciascuno con la mano sul calcio della pistola, non potei fare a meno di pensare alla guerra fredda in corso entro i confini Usa. La polizia da un lato della cortina di ferro, Raymond Alexander e la sua gente sull’altro lato.
Los Angeles, anni 60 e un anno dopo la rivolta di Watts, la tensione razziale è ancora palpabile e i segni di quella rivolta ancora ben presenti nel tessuto cittadino. In questo scenario Easy, deve decidere tra andare a fare una rapina col suo amico Mouse o accettare un lavoro piuttosto ambiguo da un tale Robert Lee. A Easy servono soldi, tanti soldi, in ballo c’è la salute di sua figlia Feather, gravemente malata. Deve solo decidere tra rapinare un porta valori e accettare di ritrovare Alex, ricco avvocato bianco e la sua bellissima fidanzata Cinnamon (cannella in italiano), scomparsi con una preziosa valigietta. Per farlo, il nostro nero detective è costretto a spostarsi da LA alla vicina San Francisco, in piena Flower Power, tra hippy, killer a pagamento e ex collaborazionisti dei nazisti.
Non siamo cani, noialtri, checcazzo, non dobbiamo annusare dove passano i bianchi. Io, tu e Easy stiamo facendo cose che i nostri vecchi non potevano manco sognarsi.
Più del thriller, che regge fino in fondo regalando sorprese a go go, il romanzo di Mosley si differenzia da quelli di genere per la bravura con cui descrive gli anni 60 e le tensioni razziali di quel periodo, il razzismo dei bianchi vissuto sulla pelle dei neri, che quel razzismo lo vivevano (e che tuttora vivono) quotidianamente, mentre ci si barcamena per non essere risucchiati dalla povertà o dalle celle di un carcere. Un continuo lottare, lento e sistematico, nel paese dove la discriminazione era ancora molto forte, appena 11 anni dopo la ribellione individuale di Rosa Parks. Neri e fieri, così si sentono orgogliosamente Easy e il suo amico Mouse, ribelle e bandito: Col cazzo che farò mai parte di un esercito, col cazzo che mi butto giù da un aeroplano di merda, col cazzo che vado in giro ad ammazzare piccoletti con la pelle marrone. Se devo sterminare una città intera, sarà solo perché lo voglio io, non per ordine di altri.
Dunque un romanzo che si legge tutto di un fiato, nero e autentico come l’autore. Una trama avvincente, veloce e tesa, pura letteratura black, di uno degli autori più black che in circolazione. Sarebbe una perfetta sceneggiatura per un film così come Easy sarebbe una perfetta caricatura del rebel without a pause per dirla alla Public Enemy.
No matter what the name – we’re all the same
Pieces in one big chess game.
Chiudo con solo due commenti: brutta la copertina, bella la dedica a Ossie Davis.