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Cieco con la pistola

Ad Agosto ho approfittato degli sconti su Amazon per comprarmi i 3 romanzi di Chester Himes che mi mancavano. Un paio di loro oltretutto sono edizioni vecchiotte. Lui è uno dei più importanti autori afroamericani e ogni suo romanzo è un’autentica cartolina da Harlem, come quest’ultimo da me letto: Cieco con la pistola.

A Chester Himes “je rode er chicchero” come si dice a Roma. I suoi romanzi hanno come filo conduttore un po’ di sana rabbia e autentico veleno. Sono neri arrabbiati (mica indignati come va di moda adesso) e fieri della propria negritudine, come del resto l’autore stesso. L’altro filo conduttore è la violenza, che vede nei due protagonisti, Coffin Ed e Grave Jones, astuti e rozzi detective, gli uomini giusti per sopravvivere ad Harlem.

Il quartiere nero più famoso, è una sorta di Sodoma e Gomorra: papponi, prostitute, ladri, spacciatori, pervertiti, boss della mala, ex galeotti e futuri galeotti, che si muovono come anime in pena. E in questo romanzo Harlem non è da meno. Tralatro un romanzo particolare, con una trama che lascia un po’ interdetti visto che non è conclusiva. Assistiamo a un bianco viene ammazzato ad Harlem, probabilmente gay in cerca di prostituti neri. Un predicatore centenario poligamo. Due lesbiche che si macchieranno dell’omicidio di un altro bianco. Il cieco con la pistola. E soprattutto alcuni pseudo rivoluzionario neri e black panther sospettate di essere tra coloro che sobillano la rivolta.

Lo scontro razziale, quotidiano, lega tutte queste vicende, con giovani neri e incazzati pronti a provocare la polizia o a lanciare una molotov contro i due detective neri. Ma a tenere unito tutto il romanzo e magari anche a chiudere un occhio su una trama piuttosto particolare è l’ambiente dove si muovono i protagonisti. Harlem è la protagonista assoluta, molto più che nei precedenti romanzi di Himes. Le strade, gli odori e soprattutto i suoi abitanti emergono con prepotenza fino alla scena finale del cieco con la pistola. Infondo cosa ci importa sapere chi è o non è l’assassino. Ad Harlem della fine anni 60 gli omicidi erano all’ordine del giorno. Normale statistica. E dunque godetevi questa storia, godetevi questo viaggio nell’ex ghetto nero e preparatevi a una visita politicamente molto scorretta.

PS Nuovamente in chiusura qualche accenno sulla traduzione. Non trovo né intelligente né giusto che per riadattare un linguaggio da ghetto si usino delle espressioni piuttosto particolari come usare pirla per descrivere un coglione. Come almeno un altro paio di espressioni lombarde. Non è campanilismo, assolutamente, è solo che stona. Molto.

Posted in noir - gialli.

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