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Educazione Siberiana

Avevo ronzato talmente attorno a questo libro che quando l’ho trovato nuovo e al 50% del suo prezzo (10 invece di 20€) ero davvero contento di aver fatto un grande affare e di poterlo leggere. Ma Educazione Siberiana di Nicolai Lilin che successivamente ho scoperto come avesse avuto una gran pubblicità anche dai media mainstream (il “Saviano russo” ahahaha) non mi ha convinto e rimango tuttora perplesso dal fatto che stia diventando una specie di best-seller. Ma andiamo per gradi: il libro è l’autobiografia di Lilin, nato in Transnistria, regione autonoma russa che confina con la Moldavia e l’Ucraina, e appartenente alla etnia Urca, popolazione siberiana dedita al brigantaggio, di religione ortodossa, deportata durante il regime comunista proprio nel sud della Russia dove rifondano proprio a Bender la comunità sdradicata dal proprio territorio.

Nicolai “Kolima” è figlio di criminali in una società in cui la legge russa non viene assolutamente riconosciuta e dove il codice etico e comportamentale è frutto del codice criminale. Come tutte le mafie, gli appartenente sviluppano un senso di appartenenza che si basa su delle vere e proprie leggi verbali, comportamentali ed etiche. I “criminali onesti”, come si fanno chiamare, regolano la vita degli appartenenti alla comunità di Fiume Basso (il quartiere di Bender dove vivono i siberiani) così come i rapporti con le altre comunità. Ed è questo il mondo che ci descrive Lilin, un mondo sconosciuto e contemporaneo (è del 1980) che descrive con particolare attenzione e passione. E’ una vita fatta di risse, coltelli, carcere minorile, devozione verso gli adulti e gli anziani, assoluto rigore nel seguire il codice criminale, e i tatuaggi che assumono una importanza vitale.

“Nella nostra comunità il diritto alla parola ce l’avevano tutti, anche le donne, i minorenni, i disabili e i vecchi. Bisognava rispettare tutti gli esseri viventi, categoria in cui non rientravano i poliziotti, la gente legata al governo, i bancari, gli usurai e tutti coloro che avevano tra le mani il potere del denaro e sfruttavano le persone semplici”.

La comunità siberiana trasmette tradizioni e regole attraverso i dettagli minuziosamente spiegati dallo scrittore. E’ in qualche modo una civiltà, che ti affascina con i suoi riti, tipo il tè alla maniera siberiana preso come momento solenne di aggregazione e di raccoglimento.
Come i pellerossa, i siberiani mantengono uno spirito tribale, umile, ed è un’appartenenza che non passa esclusivamente sul sangue. Chiunque rispetta e vive alla maniera siberiana, può essere accolto nella comunità stessa e trattato con pari “diritt”.

Nonostante gli spunti interessanti però il romanzo non decolla mai. In alcune parti sfiora la noia per la sua ripetitività nel raccontare storie e situazioni analoghe o semplici avventure della baby-gang di Nicolai. Lo stesso vale per la descrizione delle persone, amici o parenti o membri della comunità. Peccato soprattutto che non vengano approfonditi i motivi della sua separazione dalla comunità stessa e del suo trasferimento in Italia (in piemonte dove fa il tatuatore) o non approfondisca la sua esperienza nella guerra cecena dove lo costringono ad arruolarsi e a combattere per una Russia, zarista o comunista o post comunista, che i siberiani non hanno mai riconosciuto; lo fa soltanto nelle prima bellissime pagine del libro, prima di cominciare a raccontare la storia della sua infanzia.

«Quando finì il regime sovietico – afferma lo scrittore – molti criminali, compreso mio padre, rimasero senza “lavoro”. Fino a quel momento avevano vissuto rapinando le banche, perché secondo la morale siberiana rubare allo Stato è giusto, ma continuare a farlo contro i privati sarebbe stato disonesto. Non solo. Il cambiamento della situazione politica ed economica aveva fatto sì, da un lato, che la gente normale non ci sostenesse più, e dall’altro che i giovani siberiani non si riconoscessero più nelle vecchie regole: pur di fare soldi, erano disposti a tutto».

Posted in noir - gialli.


2 Responses

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  1. Enrico says

    Il romanzo di Nicolai Lilin non è un capolavoro, e in effetti poteva essere migliore, lascia molte storie in sospeso e curiosità non appagate (l’autore sta scrivendo un altro libro che dovrebbe trattare gli argomenti tra lasciati nel primo, come l’esperienza in Cecenia come soldato russo), per il resto leggo molti commenti di persone che lo attaccano dicendo che ha esagerato o romanzato le sue storie, credo solo che chi lo critichi sia solo di estrazione borghese e non riesce a calarsi nella “vita” di Lilin.
    Le altre accuse sono quasi di apologia alla mafia o alla criminalità, ma alla fine credo che i lettori sappiano capire la differenza tra il bene e il male, e di sicuro Lilin non a mai detto che quello che faceva fosse giusto o bello.
    Naturalemnte nel rispetto delle opinioni di tutti.

  2. Marian says

    Educazione siberiana è un romanzo di formazione. Il contesto, forse anomalo agli occhi di lettori molto giovani cui non era diretto, è quello classico delle società tradizionali, oggi del tutto misconosciute nella nostra piccola fetta d’occidente.
    E’ proprio questo cortocircuito tra romanzo “alto” e target (cioè lettori) inadeguato che sta provocando tante opinioni sfavorevoli su un romanzo invero notevolissimo dal punto di vista letterario. Ed è un vero peccato, perché trattasi di un libro certo difficile, ma necessario.